Sinossi *: Può esistere una storia che descrive i tifosi di una squadra di calcio a Torino? No. Perchè a Torino di squadre di calcio ce ne sono due.
E Torino ha due modi di tifare, due modi di vincere, perdere, ricordare. Due modi di intendere il calcio.
“Finché Morte Non Ci Separi” è il racconto, attraverso i ricordi dei tifosi, di un legame contagioso che dal 1949 unisce molti torinesi, e non solo. Un legame che ha condotto alcuni intervistati a scelte di vita particolari: chi da anni lavora ad un museo di cimeli granata salvati in parte dai rifiuti, chi da anni combatte per la salvaguardia di un campo di calcio demolito quasi del tutto, chi da anni denuncia, a suo rischio e pericolo, quei poteri ingordi che hanno sperato a lungo che di squadra di calcio a Torino ne rimanesse solo una. Chi da anni semplicemente ha sofferto molto, perchè tifare Toro è un’attività per cuori robusti.
Non tutti possono vantare di aver conquistato la A, averla persa, essere morti e risorti in 2 mesi, come “in un brutto trip dell’orrore”. Ma il tifoso del Toro “sa perdere im modo divino”, e saperlo fare nella città dell’altra squadra, che per la propria ingordigia finisce in B, è un vanto. E richiede una dote oggi più che mai poco diffusa: quella di non stare dalla parte del padrone.
Così, di calcio si finisce per parlare ben poco, gli avversari sono sociali, etici, morali.
“Ma se un giorno vi raccontassero che 10.000 anni fa una squadra è morta sulla sua città, ci credereste?”. No. E non crediamo ancora oggi alle fatalità, ingiustizie ed errori che caratterizzano la storia del Toro.
“Finché Morte Non Ci Separi” racconta questo, nell’anno del centenario, e della Juve, finalmente, in B.