Sinossi *:
“Un film grottesco che mette in scena l’insensatezza e l’assurdità della vita”
Halibut racconta lo sforzo umano nel darsi un senso e una determinazione.
Mostra le macerie del mondo nel quale viviamo facendolo attraverso un’allegoria: strisciamo sul fondo degli abissi come pesci piatti e a forma di rombo.
Gli uomini sono raccontati attraverso le loro azioni, le loro professioni prive di senso e l’ostinata autopresentazione di sè.
Gli umani sono bestie, sono bassotti, sono scimme e sono pesci. Non c’è confine tra l’uomo e la bestia, siamo tutti governati da istinti primordiali di salvezza, soddisfazione, fame.
Sono questi i concetti che portano l’uomo di oggi ad abbrutirsi e a rendersi bestiale nella nostra società.
Ci ostiniamo per essere, per piacere, per determinarci e nel farlo diventiamo bestie, perdiamo significato e il nostro essere uomo, l’animale eletto, diventa assurdo, privo di senso, ridicolo.
Noi umani siamo Halibut, pesci piatti a forma di rombo e con gli occhi sul dorso “che vivono strisciando sul fondo del fondo degli abissi”.
Halibut è una metafora, un film che racconta con un nuovo linguaggio non una storia ma un’idea e cioè quella secondo la quale la vita sarebbe governata dall’assurdo e dall’insensatezza.
Il film articolato in un prologo, un epilogo e sette capitoli, non ha una struttura narrativa classica, non intende raccontare una storia ma piuttosto intende mostrare un’idea, donare uno sguardo, un punto di vista nuovo, facendolo attraverso l’utilizzo di un linguaggio cinematografico innovativo, diverso.
Siamo tutti immersi in un grande mare nel quale i significati sono andati perduti e nel quale nuotiamo, strisciando sul fondo, come pesci piatti a forma di rombo e con gli occhi sul dorso.
Siamo tutti Halibut.


Montaggio:
Lorenzo Bechi

Fotografia:
Lorenzo Bechi

Suono:
Lawrence Fancelli (Post-produzione)

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