Sinossi *: Si chiamava Libero. Libero Grassi. “Più che un nome, è un aggettivo” diceva di sé ironicamente. Ma era più che un nome, era un destino. Decise di fare impresa a Palermo, producendo boxer, vestaglie, pigiami per uomo e donna. Partecipò alla fondazione del Partito Radicale. Ha sempre fatto attività politica, ma prima di tutto c’era la sua fabbrica ben avviata, la “Sigma” che dava lavoro ad un centinaio di operai, soprattutto donne, tutti messi in regola nel pieno rispetto dei diritti sindacali.
Al suo fianco una donna fiera e indipendente che gli assomigliava, Pina Maisano, con cui avevano condiviso due figli e molte battaglie civili, oltre all’attività imprenditoriale.
Poi nel 1979 arriva quel trasferimento. La fabbrica deve abbandonare la vecchia sede in centro. Libero trova un seminterrato nel quartiere San Lorenzo, ma il quartiere dove si sono trasferiti, San Lorenzo-Resuttana, è sotto il controllo del boss Francesco Madonia che schiaccia il territorio con la paura, esigendo da tutti i commercianti e gli imprenditori il pizzo. Nessuno denuncia perché vige un tacito accordo: pagare tutti per pagare meno.
Ecco quindi che la mafia entra nella vita di Libero Grassi: l’anonimo “zu’ Stefano” chiede soldi per le famiglie bisognose. Libero decide di non pagare. Dopo l’ennesima richiesta telefonica, a cui viene opposto un rifiuto definitivo, due uomini fanno irruzione nella sede della “Sigma” e rapinano gli stipendi. I dipendenti trovano però la forza di denunciare e i rapinatori vengono arrestati: sono membri del clan Madonia. Ma non basta a Libero che avvisa i giornalisti e scrive una lettera al “Giornale di Sicilia”; è una pietra scagliata nello stagno del silenzio e dell’omertà. A Libero Grassi arriva l’invito da Michele Santoro, conduttore di Samarcanda, di andare a raccontare la sua esperienza. Libero accetta. Il mezzo televisivo amplifica a dismisura la denuncia e la figura di Libero Grassi, ma quella “ribellione possibile” provoca una serie di reazioni diverse e contrastanti. Libero alla fine però viene lasciato solo da troppi esponenti della società civile siciliana.
Giovedì 29 agosto 1991, Libero Grassi esce di casa e viene ucciso da un killer che gli spara cinque colpi.
Ai funerali ci saranno le operaie, gli amici più stretti, ma complessivamente non più di trecento persone. Nel 2004, per l’anniversario della morte, un gruppo di studenti ha affisso per tutta la città migliaia di adesivi che ricordano Libero Grassi. Da loro prende vita l’associazione Addiopizzo, che oggi conta migliaia di aderenti, in un network di imprenditori, commercianti, ambulanti che hanno saputo dire NO alla mafia, e LIBERA FUTURO.
Note:
LIBERI SOGNATORI. Le idee non si spezzano mai è un progetto costituito da quattro film per la televisione, della durata di cento minuti ciascuno, incentrato sul racconto di quattro figure emblematiche della cronaca italiana: Libero Grassi, Renata Fonte, Mario Francese ed Emanuela Loi, vissute tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’90. Un periodo denso di cambiamenti e trasformazioni sociali, ma anche di violenze e oscure trame, in cui quattro persone che hanno semplicemente e coraggiosamente compiuto fino in fondo il proprio dovere di cittadini, di uomini dello stato, di giornalisti hanno dato un esempio che rimane indelebile, combattendo per rendere l’Italia un paese migliore e pagando con la vita i loro ideali di verità e giustizia. I quattro protagonisti della collana di racconti “LIBERI SOGNATORI. Le idee non si spezzano mai” sono il simbolo di un’Italia che resiste e che non si arrende alla sopraffazione e alla corruzione. Personaggi caratterizzati da un’altissima umanità e senso del dovere, a cui si intende restituire voce e dignità, dopo anni di ingiusto isolamento istituzionale e oblio mediatico.