Intervista con Roberto Forza, fotografia de "La Meglio Gioventù"
… con Marco Tullio Giordana avevo già girato I cento passi. Mi ha chiesto di affiancarlo nuovamente nell'avventura de "La Meglio Gioventù". Volevamo fare quel "cinema per la televisione" come avevamo visto fare in Italia fino agli anni '70, niente a che fare con le fiction così come sono prodotte oggi, a ritmi da catena di montaggio. Marco Tullio inizialmente pensava di girarlo in 35mm. Ma la tecnologia sta procedendo al galoppo e secondo me il super16mm lo vedo come la vera alternativa al 35mm, anziché il digitale di cui tutti parlano. Ho cercato di convincerlo che il super16mm dà garanzie di grandissima qualità, incisione, profondità, e in più ha l'agilità d'una cinepresa di piccole dimensioni e tutto l’armamentario è molto più leggero. Dopo alcuni provini in condizioni estreme, notturni a luce ambiente ad esempio, Marco Tullio - che ha una notevole competenza tecnica - si è convinto a utilizzare questo sistema.
Quando leggo una sceneggiatura "vedo" immediatamente il film, la luce del film. Ma devo riflettere su come realizzare questa luce: obiettivi, tipo di emulsione della pellicola, mezzi tecnici, modi d'illuminare. Leggendo il copione mi sono reso conto che raccontava la mia storia, gli anni in cui è ambientato il film sono i miei anni. Mi son ritrovato a girare ad esempio manifestazioni e incidenti di piazza a Torino in cui io stesso ero stato coinvolto.
Per non parlare poi degli anni del terrorismo che hanno condizionato e colpito in pieno la vita di chiunque avesse all’epoca vent’anni. Ci tenevo –soprattutto pensando ai giovani che non li hanno vissuti- a dare un'idea precisa di quegli anni che, nella mia memoria, erano anni molto spogli, grigi, anni decromati. C'erano due canali tv in bianco e nero, i quotidiani erano in bianco e nero. Magari è difficile far digerire alla televisione che tu faccia un prodotto così connotato fotograficamente, dato che oggi tutti i canali tv strabordano di colore.
A Marco Tullio piace utilizzare gli ambienti, i personaggi sono sempre composti in relazione al dècor. E gli ambienti sono sempre pieni di oggetti, mai ripresi frontalmente ma aperti su punti di fuga, su molti piani prospettici. Questo comporta che bisogna illuminare spesso tre o quattro ambienti contemporaneamente e per di più bisogna evitare di porre vincoli alla macchina da presa che è quasi sempre in movimento perchè il punto di vista cambi di continuo.
Sono un autodidatta, sono cresciuto dentro le sale cinematografiche, ho partecipato a
Torino alla stagione dei cineclub, i miei riferimenti sono le centinaia di film - per non dire migliaia - che ho visto da ragazzo. In Marco Tullio ho ritrovato questo stesso background, abbiamo un nostro codice - direi anche un modo di vivere il lavoro: "affari e divertimento" come diceva Hawks! - che ci aiuta molto a lavorare insieme. Usiamo spesso quei lontani riferimenti cinematografici, anche i più difficili o esclusivi, anche un po’ per prenderci in giro: "Roberto, qui fammi un taglio molto Conrad Hall, qui una Gregg Toland, là preferirei una Nykvist"! In Norvegia vedevo ovunque i fantasmi di Bergman e Sven Nykvist, sono cresciuto con i loro film! Del resto, in ogni decennio, in ogni anno de "La Meglio Gioventù" - che va dal '66 a oggi - c'è stata una particolare tendenza, una fascinazione, un innamoramento per un certo direttore della fotografia che aveva imposto il suo modo d'illuminare e tutti seguivano: da quello più crudo anni '70 e '80 fino al "glamour" anni 2000. Il film è stato girato interamente in ambienti reali, sia gli esterni che gli interni, tranne alcuni "camera car" che Marco Tullio ha preferito realizzare in studio - "fammi un bel trasparente molto Burks"! - (Robert Burks, il direttore della fotografia di Vertigo di Alfred Hitchcock, NDR) per controllare meglio la recitazione.
Nonostante la troupe de La meglio gioventù fosse un esercito di persone abbiamo sempre cercato di conservare l’agilità e la libertà di una unità ridotta. Un episodio significativo: sempre in Norvegia, Nicola (Luigi Lo Cascio) si sporge sul panorama e la macchina si spinge avanti fino a scavalcarlo con un dolly per abbracciare tutto quel bellissimo paesaggio. Ma non avevamo un dolly con noi in trasferta, c’era solo un piccolissimo carrello e tre metri di binario. Allora Marco Tullio ha detto a Lo Cascio: "Quando ti faccio un segno, abbassati piano piano". La camera scivola avanti, punta lo Cascio. Quando si perde il riferimento della balaustra e Lo Cascio comincia ad abbassarsi (con gli stessi tempi del carrello!) sembra che si sollevi una gru da 30 metri e invece la macchina da presa è lì fissa sul carrellino!
14/02/2007