Sinossi *: Nella mitica città che gli antichi elimi dedicarono alla dea Venere, la donna ha sempre avuto da millenni un ruolo principale all’interno di quella piccola ma consistente esistenza. Figura sacra, operosa e simbolo di fecondità, la Venere ericina incarna le stesse facoltà di ogni donna della splendida città di Erice, tramandando nel tempo le arti e i saperi che con le loro mani ancora oggi tengono in vita. I tappeti realizzati con gli stessi antichi telai in legno usati per millenni nei paesi del mediterraneo, dove l’artigiana si affida al proprio istintivo gusto del consumato colore lasciando che le proprie mani dirigano i fili quasi in un linguaggio universale, come una vibrazione fatta di colori e stoffe. I dolci tipici a base di mandorla, impastati manualmente con sapienza e passione da donne che tramandano un antico sapere monastico, quasi come un’alchimia del gusto che trova origine nell’antico monastero di San Carlo ormai chiuso. Le ceramiche ericine dai colori tenui, dopo essersi persi nel tempo resuscitarono tra le mani di donne che con tecniche antiche continuano a dare forma alla genuinità del passato. La ceroplastica che immortala con forte realismo drammatico ed espressivo immagini sacre donate spesso alle coppie in occasioni di matrimoni, sapienza tramandata dalle suore carmelitane dal XVIII secolo fino ad oggi. Dagli oggetti razionali e funzionali della quotidianità a quelli di decorazione ambientale, simboli di un’armoniosa sapienza marchiata a fuoco. Ecco le mani di Venere sono come le mani delle donne ericine, feconde e produttive ancora vigilano sulla bellezza primordiale della vita. L’intento del documentario è quello di tracciare un percorso storico e soprattutto artistico culturale dell’artigianato femminile di Erice, che rischia di perdersi tra le trame del tempo. Un’evoluzione favolistica ambientata in ore notturne esalta l’atmosfera magica del contesto medievale, della straordinaria personalità dei personaggi e dei manufatti che realizzano. Un micro mondo femminile che si rifugia dal tempo attraverso il delicato e melodioso fare delle mani. Il racconto si evolve attraverso le memorie e l’operosità di Franca Parisi che con il suo telaio a mano, come se fosse uno strumento musicale, tesse le fila della storia che il documentario vuole raccontare, ovvero la forza e la volontà di alcune donne, capaci ancora di tenere in vita tradizioni e culture delle proprie origini con un’unica ed assoluta forza universale che proprio la Venere raffigurava, ossia l’amore. Tra i personaggi troviamo la signorina Maria Grammatico, che dopo essere cresciuta nella vita monastica del convento di San Carlo, ruba le sapienze culinarie delle monache per renderle accessibili al mondo, liberando la conoscenza della lavorazione della mandorla da un destino di estinzione. Una vita paragonata ad una mandorla amara. La giovanissima ceramista Annalisa Catalano, la cui famiglia con grande coraggio riprese l’antica lavorazione delle ceramiche ericine, plasma le forme degli antichi utensili impressionando le armonie decorative di un tempo. Infine la signora Caterina Catalano, ultima artigiana della ceroplastica, che realizza immagini sacre racchiudendole in bolle di vetro quasi a volerne congelare il tempo tra le sfumature del corallo rosso.