Intervista con Jasmine Trinca: Giorgia


Intervista con Jasmine Trinca: Giorgia
Jasmine Trinca: Giorgia
… Giorgia è una figura problematica, che parla poco. Non dover dire troppo spinge l’attore a esprimersi attraverso un altro linguaggio, a cercare segni diversi. Forse è ancora più difficile: niente è più pericoloso che fare «la matta», rischiare di essere eccessivi, incredibili, magari addirittura caricaturali. Da parte mia non c'è stata una preparazione particolare, non mi sono messa a dieta di videocassette sui malati di mente! Marco Tullio non voleva nemmeno che fosse evidente la sua "follia", mi chiedeva anzi di farla apparire il più possibile normale. Ho cercato di interpretare in modo non standard questo tipo di disagio.
Io in realtà non sono un'attrice di professione, non ho nessuna formazione nè credo di avere ancora acquisito una "tecnica". Non sarebbe esatto dire che io reciti in modo istintivo, dato che comunque c'è sempre dietro un qualche ragionamento, però tutto avviene in modo quasi "selvatico", animale. Una materia informe che deve trovare il suo equilibrio. Marco Tullio mi ha chiesto di aiutarlo nei provini: davo le battute ai ragazzi che vedeva per la parte di Matteo. Credo che quei provini siano stati utili per entrambi, ci hanno permesso di tentare varie possibilità e soprattutto di escludere quello che non era convincente. Forse più che a Matteo i provini li stava facendo a me? Cercavo il modo in cui Giorgia doveva muoversi, una certa ossessività nel ripetere alcune frasi, uno stato di assenza, di estraneità... da quello che usciva di mio -che non mi va neanche di dire dove sono andata a pescare - Marco Tullio prendeva ciò che serviva, fissavamo dei punti. Non ne abbiamo mai parlato ma credo che Giorgia gli ricordasse qualcuno...
All'inizio è stato difficile avvicinarsi al personaggio. Poi è cresciuta la mia confidenza, non ne ho più avuto timore. Ma non c'è stata affatto un'identificazione, è rimasta sempre una finzione - io distinguo bene le due sfere, Giorgia non mi assomiglia per niente. Non è stato semplice nemmeno passare da un giorno all’altro –o addirittura nello stesso giorno - a epoche così diverse. Con lo scorrere della vicenda del film cercavo di tenere presenti i cambiamenti dell'epoca e della psichiatria. Ma non si è voluto troppo sottolineare l'andamento parallelo di Giorgia rispetto alla psichiatria. È un personaggio estraneo al procedere del tempo, una scelta coraggiosa da parte del regista. Come se per Giorgia il tempo scorresse a un’altra velocità, più lento, dilatato, ipnotico, cosa che in qualche modo le conserva la giovinezza. D’altra parte Giorgia è rimasta chiusa per molto tempo in ospedale, le sue percezioni della realtà sono completamente alterate.
Tra "La Stanza del Figlio" di Nanni Moretti e "La Meglio Gioventù" non ho fatto altri film. Prima del film di Moretti andavo ancora al liceo. All’università mi sono iscritta prima a lettere antiche, ora invece sono passata a lettere moderne: dall'archeologia alla storia dell'arte...
Veramente non ho mai avuto intenzione di fare del cinema: mi è capitato di fare "La Stanza del Figlio", è stata un’esperienza fortunata e bella, molto per merito di Nanni e di Angelo Barbagallo, sono stati loro a credere nelle mie possibilità. Non escludo di fare altri film, mi è piaciuto fare La meglio gioventù, non so, dipende da tante cose...

14/02/2007