Dichiarazione degli sceneggiatori del film "Ma Che Ci Faccio Qui!"
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Ma Che Ci Faccio Qui!" può essere definito un romanzo di formazione mascherato da film di viaggio.
Si potrebbe quasi dire “un road movie statico”, perché il viaggio resta intenzionale ed il
protagonista non riesce, in realtà, a raggiungere la sua meta ,anzi, ogni volta che si muove si ritrova in situazioni sempre più complicate, dalle quali, pero’, riesce a tirarsi fuori grazie alla sua grinta ed al suo ottimismo, uscendone lui stesso interiormente arricchito.
Spesso, nei film di questo genere, accade che il protagonista parta con la convinzione che il viaggio gli cambierà la vita, ma questo puntualmente non accade.
Si amplia, però, la sua visione nei confronti della vita stessa.
In questo senso possiamo considerare tutti i film di viaggio, già di per sé, romanzi di formazione, da cui emerge la consapevolezza che viaggiare non è solo una questione di chilometri, e che si può crescere anche girando su sé stessi per un’ora e quaranta senza mai spostarsi.
Volevamo che le disavventure di Alessio lo deviassero da quello che era il suo progetto iniziale: per questo siamo stati così “cattivi” da porgli davanti una serie di ostacoli, che ricordano un po’ quelli affrontati regolarmente da Willy il Coyote a caccia di Beep-Beep.
Volevamo che, in fin dei conti, Alessio sentisse comunque di aver compiuto il suo viaggio più grande: quello dentro sé stesso.
Andrea Agnello
Alessio, il protagonista, è un personaggio che è cambiato molto nel corso delle varie stesure della sceneggiatura: da ingenuo ragazzo di borgata con strampalati sogni da viaggiatore è diventato un ragazzo borghese determinato e carismatico.
Alessio ha progettato un’estate in inter-rail, ai suoi occhi straordinaria, nelle più importanti città europee.
In realtà, si tratta di una vacanza piuttosto “standard” per un ragazzo della sua classe sociale.
Ma Alessio è in conflitto con i genitori, che non gli permettono di partire, a causa della sua bocciatura.
Un rapido cambio di programma e Alessio è in sella al suo motorino, naturalmente contro il volere della famiglia, diretto verso la sua meta.
Una serie di disavventure lo portano però, da Roma, a fermarsi ad Anzio, dove incontra la famiglia Lo Befaro, composta da un ex-operaio (Tonino), un’immigrata dai paesi dell’est (Corinna) e una ragazzina del nord (Martina) trapiantata al sud.
Per Alessio il contatto con quel mondo a lui sconosciuto, diventa una vera e propria scoperta.
E il viaggio di appena 50 Km diventa metaforicamente un viaggio molto più lungo e avventuroso di quello nelle capitali europee.
Il personaggio di Martina subisce un cambiamento all’interno del film: da ragazzina quattordicenne in piena crisi adolescenziale diventa più grande e matura.
Il personaggio che aveva costruito, quello di calciatrice dall’aspetto mascolino, va totalmente in frantumi nel momento in cui suo padre la sradica da Torino e dalla sua amata squadra di calcio.
A Tormaterno, dove si trova lo stabilimento balneare che la famiglia ha aperto, infatti, di squadre femminili non c’è nemmeno l’ombra.
Martina non ha più scuse: deve confrontarsi con la sua femminilità.
Per lei, che ha perso la mamma da piccola e non ha dunque avuto modelli femminili, è veramente difficile. E così per la prima volta Martina chiede aiuto, e lo chiede alla persona che più ha odiato fino a quel momento: Corinna, la donna di suo padre.
Anche Corinna è un personaggio che si è trasformato nel corso del tempo: da donna umile, accomodante, sempre disposta a perdonare, si è fatta più scontrosa e combattiva.
E’ sempre pronta a discutere con Martina, che ai suoi occhi è troppo viziata e sempre giustificata dal padre.
Ci piace pensare a questa sceneggiatura come a un “patchwork”: essendo stata scritta da tante persone diverse, infatti, presenta una gran varietà di toni: comico, grottesco, intimista, drammatico. Ognuno di questi cambiamenti di tono contribuisce a rendere la storia altalenante, pazza, sfaccettata e imprevedibile.
Proprio come le persone.
Daniela Gambaro27/11/2006