Note di regia del film "Gli Arcangeli"
“
Gli Arcangeli” è la storia di una passione, fatta di dolore e di coraggio, di speranza e di timore. Non avrei potuto raccontare la sofferenza con uno stile "cinematografico" ligio alle regole della buona grammatica. L’avrei trovato offensivo, impuro, fasullo. Ogni dolore è personale, unico, privato, non riconducibile ad altri. Così ho voluto che questo film non potesse essere riportato a qualsiasi altra opera cinematografica. Anche a rischio di sembrare estraneo al cinema, di essere un oggetto non classificabile come film.
Ho privilegiato l’uso del piano sequenza perché assomiglia ad una prigione, dove gli attori non possono recitare, non possono sfuggire alla situazione e devono dare vita ai loro personaggi. Offrono un maggiore spessore psicologico. Tutto il film (a parte un contro campo nel primo dialogo, usato per sottolineare, con uno stile consumato e abituale, una situazione che si vorrebbe far credere conciliante e rassicurante) è stato girato con piani sequenza, con la prima camera, fissa, che delimita la gabbia in cui si muovono gli interpreti, ed una seconda, sempre in movimento, che scava nei volti e nei corpi dei personaggi per svelarne l’essenza e per immedesimarsi con l’occhio curioso dello spettatore.
Non ci sono scene di raccordo o di alleggerimento ne “
Gli Arcangeli”, non ci sono dati e tagli di montaggio che accompagnano una storia precisa che tutti seguono; per me un film è qualcosa di più, è qualcosa sulla condizione dell’essere umano. Che è fatta di vuoti e di momenti bui, non di una serie di eventi sempre codificabili. Ci sono scene non comuni al cinema "tradizionale", c’è un montaggio non lineare. Il film è un insieme di quadri tratti dalla vita dei due protagonisti, Christian e Marlena, sono i momenti che mostrano la loro vera essenza. Alla fine della proiezione, rimangono tracce della vita dei personaggi del film, sensazioni, attimi che servono per trasmettere allo spettatore l’idea di aver assistito non ad un semplice film, ma ad una performance basata sulla vita reale.
Emozioni. Ecco l’unica cosa che vuole trasmettere questo film. Non mi si chieda il suo messaggio (e ,comunque, mi auguro che non ci sia più nessuno che si preoccupi della necessità dell’esistenza di un messaggio), ma piuttosto il suo intento. Che è di urtare, sorprendere, commuovere e creare dubbi nello spettatore.
Tutto questo si riflette nel linguaggio del film, che ha l’unico obiettivo di essere altro, di essere differente da quello di qualsiasi altro film. Come ogni dolore, che è più reale e tangibile, tanto è più differente da quello altrui.
Simone Scafidi