!Xš‚‰

Note di regia del film "Il Dolce e L'Amaro"


Il Dolce e l’Amaro”: la mitologia della mafia.


Note di regia del film
Donatella Finocchiaro ed Andrea Porporati
"Nella vita c’è il dolce e c’è l’amaro". È una frase che appartiene alla mitologia della mafia, una considerazione che contraddistingue l’uomo "d’onore", diverso, "migliore" secondo la morale capovolta di Cosa Nostra, dalla gente comune. L’uomo di rispetto sa che per essere degno di questo nome deve saper godere del dolce: il potere, il rispetto degli altri, la ricchezza. Ma sa che deve anche affrontare l’amaro, il carcere, la minaccia continua di morte, l’essere pronti a uccidere o ad essere uccisi.
È questo che hanno insegnato a Saro Scordia, fin da ragazzo. Lo hanno osservato crescere nei vicoli di Palermo. Hanno ravvisato in lui le "qualità" di un potenziale uomo d’onore, lo hanno messo alla prova, infine gli hanno fatto capire che poteva aspirare a diventare lui stesso un mafioso. Saro si è sentito scelto, eletto, si è sentito migliore. E come molti ragazzi cresciuti in quelle strade ha deciso di stare dalla parte sbagliata. Con Annio Stasi, scrivendo il copione, abbiamo voluto descrivere una vita criminale, ma dal punto di vista del quotidiano, del dissidio insanabile tra normalità e anormalità. Per esempio, volevamo raccontare non solo il giorno in cui si commette un omicidio, ma anche quello prima e quello dopo. Come si fa a sopportarlo, il giorno prima? Che cosa si sente quando si prende un treno o un aereo per andare a uccidere uno che nemmeno si conosce, solo perchè ti hanno detto di farlo e ti hanno dato una sua fotografia? A chi si chiede conforto e aiuto? A chi si confessa la propria paura? A quale santo ci si rivolge? Su quale spalla di moglie, amante, madre si va a piangere? E il giorno dopo? Come si fa a festeggiare la propria prima vittima...?
Abbiamo cercato di rappresentare le tante contraddizioni, tragiche, ma anche comiche – e ce ne sono tante di comiche – della vita di un mafioso, ad esempio quella di andare a fare una rapina in un paese lontano, al nord, un posto in cui non riescono nemmeno a capire come parli e tu ti imbestialisci, e vuoi solo farti dare i soldi e scappare, ma quelli non riescono a comprendere quello che dici e allora... e allora... l'unica cosa che ti può salvare è l'imprevisto.
Le contraddizioni di una vita "criminale" sono un materiale sterminato che ha riempito il film e la storia del suo protagonista, Saro, di avventure e disavventure così paradossali, comiche, tragiche, terribili, che mi sembra che, parlando della vita di un mafioso, inconsciamente volessimo raccontare, per eccesso, metaforicamente, l'assurdità della vita di oggi, della vita di tutti.

Andrea Porporati