Note di regia del documentario "Nel Ventre di Parigi"
Un anno di contatti e viaggi per approdare con la telecamera nel ventre di Parigi.
Poi l’incontro con Michel e gli artisti della Miroiterie… due giorni vissuti con loro, con i loro quadri, la loro musica, le loro feste senza nessuna garanzia di “scendere”.
Michel, il nostro Caronte, ci chiamava “turisti di passaggio” non è stato facile conquistare la sua fiducia e convincere lui e i suoi amici a farci entrare nel mondo illegale, magico e segreto delle Katas.
La sera inaspettata e gradita la conferma “Domani si scende”.
Iniziano i preparativi anche per l’abbigliamento costituito da giubbotti e stivaloni di gomma. “Laggiù fa freddo ed è umido, il vino e la birra ci aiuteranno” diceva Michel ridendo e osservando le nostre reazioni.
Infine prima della discesa tanto attesa, i dubbi sul materiale che doveva essere leggero e comodo da trasportare. Sapevamo che avremmo dovuto strisciare in cunicoli di passaggio larghi poche decine di centimetri. Le batterie, per la telecamera e i faretti, dovevano bastare per tutto il percorso ma dovevano allo stesso tempo essere limitate al minimo e questo era ovviamente un altro problema.
Mi sentivo responsabile per le persone che avevo trascinato con me in quella avventura. Eravamo in cinque, tra cui due donne e quando arrivammo all’ingresso illegale, dopo aver camminato per circa due chilometri sotto un’inquietante galleria ferroviaria in disuso, mi chiesi se ne valesse davvero la pena. Tutti noi ci aspettavamo per la discesa un tombino o qualcosa di verticale da scendere con delle scale invece ci trovammo davanti ad un buco ricavato nel muro in cui avremmo dovuto calarci strisciando e passando il materiale come meglio si riusciva, attenti a non rovinarlo.
Un viaggio incredibile, un’avventura indimenticabile, ricca di incontri mentre Parigi dormiva, si risvegliava, e tornava a dormire sopra le nostre teste…
I meravigliosi colori della sala degli affreschi, delle sale istoriate e dipinte ci hanno avvolto nella loro magia, in una situazione dove il tempo passava rarefatto, lento e veloce insieme.
Il montaggio, segue l’impronta delle riprese ovvero la fedeltà del racconto di ciò che è accaduto là sotto percorrendo quasi 54 chilometri a 45 metri di profondità.
Scelta a discapito forse della tecnica, ma voluta perché penso fermamente che qualsiasi altra forma di post produzione avrebbe deturpato l’essenza di un documento unico… immagini e frammenti di vita surreale, di spazi inviolati, di incontri “hors de règles” che sono orgoglioso di aver portato alla luce.
Angelo Rizzo