Sinossi *: Questo documentario nasce da un lavoro paziente e dalla meticolosa ricerca di informazioni e contatti con gruppi di Catafili e artisti parigini “hors du système” che scelgono di vivere nelle viscere della Parigi sotterranea: nelle Katas. Difficile quasi impossibile entrare con le telecamere perché l’accesso, oltre che fisicamente difficoltoso e improponibile con i materiali per le riprese, è vietato dalla legge…. I catafilli lo sanno bene e non si fidano degli estranei! Il primo successo di questo lavoro quindi è stato proprio quello di entrare in contatto con queste persone nel modo giusto, con il giusto approccio, contatto che ne ha poi permesso l’accesso.
Le Katas sono costituite da centinaia di chilometri di gallerie e cunicoli che scendono, a strati, a più di 45 metri di profondità. Antiche cave di pietra e tufo che dal Medioevo ad oggi sono state usate come rifugio durante la Resistenza e come luogo di protesta negli anni caldi del ’68. Oggi vissute da centinaia di gruppi di artisti, ex sessantottini, pittori, scultori, musicisti e personaggi di ogni genere che, spinti dall’emozione della trasgressione, credono nella fantasia e nella creatività, nel buio, nel silenzio e nella pace che si trova nelle Katas e decidono di viverci.
Gli ingressi alle “Catacombe illegali” sono stati cementati dalla polizia della I.C.G. un corpo speciale istituito alla fine dell’800 che, oggi più di ieri, ne vieta l’accesso. E forse proprio questa è la sfida: la polizia chiude gli ingressi e i catafilli aprono nuove brecce… buchi scavati nei muri, tombini posti in cortili di case abbandonate, punti “sicuri” per eludere la stretta sorveglianza e scendere nelle Katas. Una volta scesi impossibile orientarsi per chi non lo fa abitualmente. Cunicoli fangosi, gallerie dove l’acqua arriva alle ginocchia, fino agli “ossari” dove i cumuli di ossa raggiungono i dieci metri di altezza.
Più di un documentario, un documento inedito in cui l’occhio indiscreto della telecamera ha portato alla luce le testimonianze e le immagini di un mondo a sé, che vive là dove Parigi sembra terminare, al di là di ogni capacità umana di orientamento e sopravvivenza.