Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
!Xš‚‰

Note di regia del documentario "Il Sol dell'Avvenire"


Note di regia del documentario
Da molti anni ormai, seguo con passione le vicende della storia recente d’Italia, specialmente attraverso le testimonianze della gente comune. Sono convinto che non sempre il nostro paese abbia fatto i conti con il proprio complesso passato e che questa vera e propria rimozione delle pagine più scomode della storia nazionale, provochi il ritorno di tanti fantasmi colmi di irrazionalità.
Me ne sono occupato in particolare con il fascismo, ma anche con il secondo dopoguerra, il Boom Economico, gli anni settanta.
Ed è con Il sol dell’avvenire che, insieme a quel prezioso compagno di viaggio che è Giovanni Fasanella, ho avvertito il peso di una responsabilità maggiore.
Qui ho dovuto fare i conti con la famiglia politica a cui appartengo, conscio che le rimozioni e i tabù al suo interno sono ancora tanti e in gran parte da districare.
Perché la verità è che nella sinistra italiana è ancora difficile ammettere che le Brigate Rosse, con la loro drammatica parabola, siano figlie dell’idea socialista di un mondo migliore per tutti.
Evidentemente il sogno di palingenesi che è nel dna della sinistra, non le permette di liberarsi di una visione tutta virtuosa del proprio credo ideologico. Non solo c’era questa necessità di fare un po’ di conti in casa, ma con Giovanni ho pensato che fosse giusto soffermarsi sul microcosmo di Reggio Emilia, la città che prima tra tutte esprime un orgoglio, anche giusto, di appartenenza politica, ma che comunque ha dato i natali a un discreto numero di brigatisti rossi.
Come affrontare questo complesso microcosmo sul piano registico?
Prima di girare bisognava conoscere la città e la sua gente da dentro, anche con affetto e, al momento giusto, con la necessaria distanza. Bisognava permettere alle persone che si erano rese disponibili, di esprimersi liberamente, affidando al montaggio il momento dell’interpretazione.
È per questo che, sempre con Giovanni, ho proposto ai testimoni di riunirsi intorno a un tavolo, proprio nel ristorante in cui si cominciò seriamente a discutere di lotta armata. Ho deciso di pensare ad alcune “finestre” che, scaturendo dal tavolo, permettessero allo spettatore di meglio comprendere l’orizzonte degli eventi. Si è trattato, allora, di affidarsi a un non facile lavoro di montaggio, girando cose anche molto diverse con modalità diverse, nella consapevolezza di trovarsi di fronte a delle testimonianze in gran parte inedite e godendo del privilegio di una particolare fiducia da parte dei nostri testimoni.
All’inizio è stato anche importante decidere con Giovanni di non intervenire in prima persona durante le riprese, laddove non condividevamo il punto di vista dei nostri testimoni, convinti che sia meglio lasciar spazio al pensiero dello spettatore piuttosto che costringerlo in un discorso a tesi.
Tutte queste cose messe insieme, hanno fatto si che questa volta la mia regia dovesse essere meno avvolgente, più distaccata. Una necessità dettata soprattutto dalla delicatezza del tema.

Gianfranco Pannone