Note di regia del film "Febbre da Cavallo - La Mandrakata"
Firmare il numero due di un film culto come "
Febbre da Cavallo" non è impresa facile. Se oltretutto si aggiunge che il regista del primo film è il proprio padre, regista tra i più apprezzati della nostra cinematografia, l'impresa può presentarsi come un incubo.
E' proprio per questi motivi che riprendere il seguito delle avventure di Mandrake e Pomata mi ha lasciato a lungo perplesso. Tant'è vero che non più tardi di quattro anni fa la seconda puntata doveva girarla Franco Amurri; poi il progetto si arenò per ragioni produttive o forse perché il destino aveva deciso: il numero due lo girerà Carlo Vanzina, figlio ed erede del grande Steno.
Ora il film è stato girato. E' terminato e mi sembra, modestamente, che sia venuto anche bene. Ho affrontato tutta la lavorazione tenendo sempre in mente l'originale che ovviamente conoscevo a memoria. Mi sono spesso messo nei "panni" di mio padre, maestro del ritmo e della comicità pura. In qualche maniera mi sono fatto guidare per mano da lui. E tenendo bene a mente tutto questo, il film mi veniva più "facile".
Ho infarcito il film di citazioni e situazioni prese di peso dal primo: la sorella di Pomata col fiato pesante, il blocco sessuale di Mandrake quando perde, la "sòla" sulle scale al figlio di Manzotin come ventisei anni prima, il "carta vince, carta perde" sul marciapiede della stazione.
A proposito del gioco delle tre carte, curiosamente è stata l'ultima scena girata alla stazione di Montecatini. E l'ultimo ciak era una ripresa "copiata" pari pari dal vecchio film: una soggettiva di Mandrake e Pomata che fissano il tavolinetto sopra al quale le carte vengono freneticamente spostate come in un balletto. L'inquadratura prevedeva uno "zoom" in avanti che finisce per isolare le tre carte. Ho dato il motore, il ciak, l'azione per lo zoom e infine lo stop. Poi a voce alta ho detto: "
Per finire in bellezza ho fatto un omaggio a Steno". E a quel punto mi sono commosso: Grazie Papà.
Carlo Vanzina