Note di regia del documentario "Allegro Moderato"
Buio. È quello che annuncia l’inizio di un’esecuzione sinfonica. È quello che segue la fine di un sogno. Sono due modi di vedere la stessa cosa: uno pieno di energia e l’altro di paura. Con "
Allegro Moderato" ho scelto di seguire la prima strada per raccontare con rispetto un mondo tanto difficile quanto ricco di creatività, quella magia che sa rendere speciale anche la difficoltà.
Stare dietro l’obiettivo è un mestiere per chi si fa tante domande, ma questa volta le domande erano più del solito: raccontare un’orchestra dove gran parte dei musicisti sono ragazzi e adulti con handicap significava affrontare un progetto complicato perché esigeva l’ingresso in una comunità con regole precise a noi sconosciute.
Una volta all’opera quello che la piccola troupe del documentario ha fatto è stato riprendere persone, situazioni e atmosfere in punta di piedi, senza disturbare. Dovevamo diventare invisibili come dice in un’intervista Stefano Pavesi che da fotografo ha ripreso l’orchestra prima di noi. È stata un’osservazione curiosa grazie alla quale ci siamo messi in gioco senza troppi pensieri. Così sono stati gli errori creativi dei musicisti a dare un tono preciso alle riprese che spesso utilizzano le modalità del backstage per raccontare storie e persone senza inutili sovrastrutture.
E così, con molta naturalezza, al montaggio, "
Allegro Moderato" è diventato un documentario sulla passione vissuta attraverso la musica e le storie di chi vive in un mondo diverso dal nostro e dal quale possiamo imparare tanto.
Patrizia Santangeli