Anne Riitta Ciccone: "Quando penso ad un film
è importante l'universalità dei contenuti"
Come nasce Anne Riitta Ciccone come regista ed autrice?
Anne Riitta Ciccone: In modo abbastanza romanzesco. A quindici anni, frequentando un cineforum nel quale ero capitata quasi per sbaglio, ho conosciuto il "cinema, quello vero", non solo inteso come intrattenimento. Vedendo film di Fellini, Visconti, ma soprattutto dopo la visione di "
Accattone" di Pasolini ho capito che il cinema racchiudeva una serie di cose che amavo. All'inizio era, ovviamente, un confuso desiderio di "fare film" che poi nel tempo, inziando a lavorare come assistente volontaria, frequentando l'Università, etc, è diventato un progetto vero e proprio. Mi sono laureata in Filosofia ma sempre continuando a lavorare nel teatro e nel cinema, le cose si sono seriamente avviate per me quando nel '96 ho vinto un
Premio Solinas. In seguito sono stata contattata da alcuni produttori per cui ho lavorato come sceneggiatrice, poi ho realizzato un cortometraggio con la Rai, e dal '98 è iniziata la mia collaborazione artistica con
Francesco Torelli che ha prodotto il mio primo lungometraggio nel '99. Anche se ho continuato a lavorare come sceneggiatrice con altre produzioni, è un sodalizio che ha portato alla realizzazione poi degli altri miei due lungometraggi, "
L'Amore di Marja" (tratto da una mia commedia teatrale che era stata in scena e aveva avuto una segnalazione al Premio Idi nel '95) , e ora "
Il Prossimo Tuo" .
Come ha influenzato la sua "doppia" nazionalità italo/finlandese nella realizzazione dei suoi film?
Anne Riitta Ciccone: Allo stesso modo in cui influenza la mia vita, alla fine. E' stato faticoso per me, da ragazza, riuscire a ricomporre due culture così apparentemente diverse. Sentirsi "stranieri" è una cosa che può ferire ma anche fortificare. Ho capito poi, a vent'anni, che alla fine l'essere un po' "sradicati" può regalare un'elasticità mentale che ha un privilegio. Visivamente, di sicuro è la Finlandia a condizionarmi di più, in fondo sono cresciuta là negli anni fondamentali per l'imprinting: grandi spazi, le ombre un po' lunghe e il cielo del nord di sicuro mi influenzano, nella ricerca dell'immagine. Poter poi osservare le cose, qui in Itaila, con lo sguardo di chi ne è dentro ma sa anche tirarsene fuori per trovare un altro punto di osservazione, è certamente utile, quando decido di raccontare qualcosa di questo paese.
Le sue pellicole sono molto "intimistiche". Cosa predilige nella rappresentazione dei suoi personaggi?
Anne Riitta Ciccone: Quello che mi interessa, se penso a un film, è l'universalità dei suoi contenuti. Tento di pensare a una storia così come i miei professori all'università mi insegnavano a pensare: da spettatore. Osservo molto, è una specie di vizio che mi porto dietro, tanto che a un certo punto della mia adolescenza, ammirando molto un mio zio psichiatra, avevo pensato di seguire quella strada, quella della psichiatria o della psicoanalisi, mi interessa capire perchè le persone agiscono in un certo modo, quali siano i sentimenti fondamentali. E la sfida più bella del cinema è che si deve, come nella psicanalisi, comprendere i sentimenti tramite l'osservazione dei comportamenti. Oggi, forse, siamo troppo ossessionati da un modo "americano" (inteso come prodotti di blockbuster, non parlo degli "autori" statunitensi) , e anche un po' televisivo di intendere il cinema, che è ossessionato dalla narrazione: "cosa succede? quante cose succedono? ma si capirà , si capisce?" sono gli argomenti su cui a mio avviso si insiste troppo. Il cinema, almeno quello che amo io, deve prima di tutto emozionare, fungere da catarsi, e questo riesce soprattutto se sullo schermo c'è¨ qualcuno che prova sentimenti che ben conosciamo, che combatte per il suo destino e noi partecipiamo al dolore e alla gioia del personaggio quasi si trattasse della nostra stessa storia. E le nostre storie quasi mai sono lineari, a volte le nostre scelte possono apparire gratuite, insensate, perchè sono i sentimenti più degli eventi, a guidarci. Credo molto nel caso e in quanto eroici siano gli esseri umani che tentano di governarlo, con tutte le gioie e sofferenze che questo comporta.
Nel film "Il Prossimo Tuo" racconta tre storie ambientate in altrettante città europee di personaggi che hanno paura dell'altro. Secondo lei è diffuso nella società contemporanea questo tipo di comportamento?
Anne Riitta Ciccone: La nostra società mi sembra fondata quasi esclusivamente su questo: sospettare l'altro, usarlo o vederlo come ostacolo, cioè trovare in un altro e nella sua esistenza il capro espiatorio ai nostri fallimenti. Si spreca talmente tanta di quell'energia a odiare o giudicare gli altri, che se imparassimo a canalizzarla per migliorare noi stessi, questo sarebbe il migliore dei mondi possiibili.
Un episodio de "Il Prossimo Tuo"è ambientato in Finlandia ed uno a Roma, due luoghi a lei cari e familiari. Cosa ha prediletto nelle inquadrature e nella rappresentazione di questi due ambienti?
Anne Riitta Ciccone: Roma è la mia città d'adozione, ma non è la mia città. Se devo pensare a "casa" penso a Nummela, in Finlandia. E così ho accarezzato la Finlandia con lo sguardo di chi è a casa, quasi come fotografare la propria madre. Roma l'ho fotografata come la osservano quelli che ci sono "arrivati": un luogo multietnico, caldo, di cui ancora mi stupisce il fatto che si passi davanti a pezzi di storia che stanno là a guardarci.
Ci può parlare della produzione di questo suo film?
Anne Riitta Ciccone: E' una coproduzione de
La Trincea, con la Finlandia, la Francia, con il contributo di
Rai Cinema,
Finnish Film Foundation,
Roma Lazio Film Commission, Filas e
Torino Piemonte FIlm Commission, e con il sostegno di
Yle TV che è un po' "l'Artè¨" finlandese.
Francesco Torelli è stato molto bravo, perchè ha dato esempio di una possibilità di produzione creativa, realizzando un patchwork di finanziatori, tutte realtà che hanno amato molto il progetto ma di cui nessuna poteva finanziare interamente il film. Così, unendo le forze "
Il Prossimo Tuo" è stato realizzato, anche se è stato un lungo percorso, sia per assecondare gli impegni degli attori, ma soprattutto perchè¨ avendo girato in tre paesi, in differenti stagioni non è stato facile. Abbiamo iniziato le riprese nel marzo 2006, e pur avendo girato poco più di nove settimane sono state frammentate tanto che ho fatto le ultime settimane di ripresa, quelle riguardanti la parte francese del film, esattamente due anni dopo, nel marzo del 2008.
Che distribuzione avrà "Il Prossimo Tuo"?
Anne Riitta Ciccone: Uscirà ad aprile nei paesi scandinavi con la
Fs Film che è la più grossa distribuzione finlandese, del circuito scandinavo Sf, che poi dovrebbe diffonderlo in tutti i paesi nordici. In Italia ci sono un po' di cose che sono cambiate durante la lunga storia della lavorazione del film, quindi stiamo decidendo in questi giorni.
Come considera l'attuale panorama cinematografico italiano?
Anne Riitta Ciccone: Penso che il cinema italiano stia bene nel senso del valore e vitalità di alcuni suoi autori.
Matteo Garrone e
Paolo Sorrentino hanno mostrato che artisti veramente validi posso uscire anche dalla scena indipendente, raccontando uno spaccato della storia del nosto paese. Quel che mi preoccupa è che il loro successo e valore vengano cavalcati come una vittoria di un "sistema" che invece per sua natura tende a penalizzare il pluralismo, dando spazio, fiducia e sostegno, sia economico che distributivo, sempre agli stessi produttori e a forme di narrazione cinematografica che più che consolidate, io definirei stagnanti. Sono certa che ci siano autori giovani, o emergenti, con cose molto più nteressanti da dire di certo cinema super-sostenuto e super-distribuito, e soprattutto sono convinta che ci siano autori con linguaggio cinematografico meno borghese o televisivo, ma anche quando riescono a realizzare questi loro progetti - mi viene in mente uno per tutti "
Cover Boy", se non hanno dietro chi ha buoni agganci con il sistema, vengono comunque penalizzati nella distribuzione. Questo mi spiace sopratutto perchè la qualità nasce dalla quantita', in un'industria di prototipi come è il cinema, ci vorrebbero produttori più indipendenti, più autori, forme più differenziate di linguaggi cinematografici, maggiore distribuzione in sala dei documentari, insomma una maggiore vitalità, intesa come numero di professionisti attivi e maggiore vivacità dei contenuti. Anche per rispetto dello "spettatore", la cui mente meriterebbe di essere nutrita d'una molteplicità di proposte. Se si mangia sempre la stessa cosa, in fondo, ci si ammala. La libertà mentale si nutre di molteplici punti di vista e stimoli sempre nuovi.
17/01/2009, 19:37
Simone Pinchiorri