Note di regia del film "La Casa sulle Nuvole"
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La Casa sulle Nuvole" è un lungometraggio che nasce dalla motivazione di raccontare e analizzare, attraverso l’esperienza dei personaggi, la fuga di un uomo dall’occidente verso il sud. Una fuga dalla responsabilità, dal tempo che trascorre, dalla necessità di invecchiare.
La sceneggiatura nasce a partire da una documentazione fatta, nel corso degli ultimi due anni, sugli italiani residenti in Marocco (confluita in un documentario dal titolo Appunti per un film in Marocco). Il risultato di questa documentazione è un affresco sui padri della mia generazione: uomini che hanno vissuto la propria formazione culturale e morale negli anni ’60 e ’70, nel perseguimento del sogno rivoluzionario, dell’ansia di libertà, della ricerca di modelli alternativi di vita e di pensiero.
La fine degli anni ’60 e ‘70 ha lasciato dietro di sé le sue vittime: creature eccezionali che hanno respinto il ritorno alla normalità e hanno trasformato la propria esistenza in un romanzo individuale, rifiutando di inserirsi nella società borghese e continuando a perseverare nel proprio sogno affascinante ed esotico e, contemporaneamente, nella propria irresponsabilità e nel proprio fallimento.
Il film ha inizio nel momento in cui i figli, Michele e Lorenzo, che non vedono il padre da dodici anni, vanno a cercarlo in Marocco, per metterlo di fronte alle proprie responsabilità. Di conseguenza, e in parallelo, ho voluto raccontare e analizzare in questo film il conflitto eterno, fuori dal tempo, del rapporto padre – figlio.
I figli di questa particolare generazione di padri sono degli orfani, vissuti nel trauma dell’abbandono, alla ricerca di un modello paterno solido, arcaico. Ho provato quindi a considerare il rapporto padre-figlio sia dal punto di vista antropologico che sociale e a raccontarlo con i toni del dramma e della commedia, senza alcun giudizio o presa di posizione ideologica nei confronti degli uni o degli altri.
La struttura del film, il racconto di un viaggio, è per me funzionale a mettere in scena uno dei temi principali: il contatto con la diversità. Attraverso il viaggio in Nord Africa i due fratelli vivono e patiscono il confronto con il proprio passato, con l’alterità paterna ritrovata e con la società islamica contemporanea, che è sfondo geografico e culturale della vicenda.
Anche in questo ambito ho cercato di non prender posizioni ideologiche: il modello islamico di famiglia forte, parte integrante e fondamentale della comunità, entra direttamente in opposizione con l’esperienza di abbandono e solitudine vissuta dai due fratelli. Emerge al mio sguardo, e a quello dei personaggi viaggiatori, un Magreb che si realizza nel sincretismo con il vicinissimo occidente, invidiato, anelato e corruttore.
Ho cercato di incarnare tutto questo nel personaggio di Amina, la compagna del padre, una ragazza madre che ha abbandonato il proprio villaggio per vivere a Marrakech, in un tentativo di rivalsa, attraverso la prostituzione nei night club per turisti, per accedere al benessere e al lusso immaginato dell’occidente.
Ho voluto far vivere a ciascuno dei miei personaggi, un percorso che lo porta alla conoscenza dell’altro e di conseguenza alla ridefinizione della propria individualità, fino al breve miraggio di una possibile esistenza comune, al di là di ogni differenza morale e culturale.
Claudio Giovannesi