Note di regia del documentario "Noi che abbiamo fatto la Dolce Vita"
Non vorrei, caro Federico, farti l'elenco delle cose che ho imparato da te (e non lo dico per addolcirti un commiato che, credimi, è doloroso soprattutto per me) ma almeno lasciami dire questo: sei stato un maestro, un grande maestro, tuo malgrado. "Come, mio malgrado!?" mi sembra di sentirti dire.
Si può insegnare la FANTASIA? No, di certo, ma si può apprendere che la fantasia (tua) può essere applicata ad un metodo implacabile, a favore sempre di una storia o di un personaggio. Si può insegnare la LEGGEREZZA E LA VOGLIA DI LAVORARE? Su di un set in apparente caos ti ho visto aggirarti sempre senza perdere la concentrazione, l'umanità, l'umorismo, come un coreografo ispirato che tocca e sprona tecnici scettici e li fa diventare meravigliosi ballerini di uno spettacolo nello spettacolo. Si può insegnare a SOFFIARE LA VITA in attori incapaci, in facce di marmo?
Tu hai la capacità di trasformare corpi inerti, non cercando di adattarli ad un copione preesistente ma – estrema genialità – adattandoti tu ai loro limiti, facendoli, poi e così, rientrare in un nuovo progetto (come fosse un gioco) che tu ricrei sul momento, inventandolo. Mi hai insegnato - questo sì – la PAZIENZA: a cercare le persone, i volti, gli sfondi giusti senza fermarsi mai alle soluzioni più facili, più ovvie. Mi hai insegnato la CAPACITA’ DI RESISTERE, ora dopo ora, alle avversità di riprese difficili ed estenuanti. Mi hai insegnato la CAPARBIETA’ nel seguire con tenacia un 'idea, un 'intuizione, spiraglio di un vasto e ricchissimo mondo ( il tuo) dove, ahimè, era impossibile o difficile entrare. Mi hai dato soprattutto, regalandomi la tua fiducia e il tuo affetto, la FORZA DI CREDERE in me stesso.
Per questo, con LEVITA’, come ho appreso da te, ti dico grazie. G.
E grazie anche a voi che avete avuto la pazienza di ascoltarmi.
Gianfranco Mingozzi