Note di regia del documentario "La Febbre del Fare, Bologna 1945-80"
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Il passato ci trattiene con le sue lunghe mani"
(Lenin)
Questa frase apriva i nostri appunti preparatori per la realizzazione de "
La febbre del fare". Il passato è in effetti sempre e comunque un guaio col quale fare i conti. Un guaio perché spesso dimenticato (quando non coscientemente cancellato o alterato), un guaio perché lacunoso o ricattatorio, nostalgico o prepotente. Queste sono state le trappole che il passato, la storia ci apriva di continuo sul lungo, e non semplice, cammino di creazione del film.
E' in effetti un passato ingombrante quello della "mitica" Bologna di Dozza e quella ancor più mitica del 77. Soprattutto se l'obiettivo dichiarato del progetto era ed è rimasto quello di trattare una storia dell'amministrazione comunale e non della città tout-court. Apparentemente il restringere il campo avrebbe dovuto semplificare, in realtà, ha complicato il lavoro di ricerca e sintesi: limitando le divagazioni nei campi dell'arte, della musica e del cinema o della vita quotidiana (dove le fughe evocative sarebbero risultate più semplici) il film si è addentrato nel complessi e tortuosi percorsi delle scelte politiche, strategiche ed ideali di due generazioni di uomini politici e di partito della città di Bologna.
Questa laboriosa ricostruzione, nella quale fra l'altro le testimonianze dirette sono ridotte all'essenziale, ha reso il lavoro sul documentario molto difficile ed entusiasmante allo stesso tempo. Raccontare la città dal dopoguerra alla fine degli anni settanta ha significato Raccontare la città dal dopoguerra alla fine degli anni settanta ha significato svolgere una lunga ricerca in tutti i maggiori archivi audiovisivi italiani con centinaia di ore di materiale visionato e un processo creativo che ci ha portato a chiuderci in sala di montaggio per oltre otto mesi. Il recupero creativo di una memoria collettiva è un dato che riteniamo essere vitale per analizzare e comprendere non solo il passato ma anche, forse soprattutto, il presente.
Qualcuno scriveva che la storia è sempre contemporanea. Bologna è stata sicuramente una città unica, amministrativamente parlando, lo è stata per l’Italia e non solo, giocando sullo scacchiere dello scenario internazionale un ruolo peculiare, specifico, originale. Gli anni sono quelli, complessi e ideologici, della Guerra Fredda. Bologna ha svolto un ruolo di primo piano nell’impaginare una politica che riuscisse a coniugare insieme l’interesse per i diritti delle persone, la solidarietà e la crescita economica complessiva. Una via particolare, crediamo unica, alla socialdemocrazia (in anni nei quali questa parola era vista nel PCI come una bestemmia).
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La Febbre del fare" non è la "nostra" storia di Bologna, la visione ombelicale del regista sulla sua città, ma il tentativo di ripercorrere un percorso collettivo di costruzione della città, una storia unica di partecipazione politica e afflato ideale.
Un documentario sul passato di questa città è tutt’altro che un’operazione localistica, è un modo per far riflettere tutti sulla contemporaneità italiana, riflessione urgente e, diremmo, più che mai necessaria.
Michele Mellara e
Alessandro Rossi