Note di regia del documentario "Danze di Palloni e di Coltelli"
Il cortometraggio è stato finanziato da Apulia Film Commission nell’ambito del Progetto Memoria, ideato per valorizzare giovani filmaker selezionati tramite concorso finanziandone la produzione di cortometraggi, documentari o di fiction, relativi a personaggi, eventi o luoghi particolarmente significativi della Puglia del ‘900 e che hanno contribuito a definirne identità e storia.
“
Danze di Palloni e di Coltelli” si è proposto di esplorare un aspetto della cultura musicale e coreutica del Salento ancora poco conosciuto al grande pubblico, che è la scherma salentina, anche nota come danza dei coltelli. Il coinvolgimento diretto dei protagonisti di questa tradizione di famiglia come attori del film permetterà di confutare l'espressione "danza delle spade", attribuita dai più alla scherma salentina forse in virtù di un'ipotetica somiglianza con movenze e regole del fioretto e di ripercorrerne le vere origini e la discendenza dall'antico duello di coltello. La danza dei coltelli, ora per l'appunto ballata, tra uomini e nelle ronde di alcune feste salentine, si presenta stilizzata a rappresentare quello fu l'antico duello di coltello tra esponenti delle famiglie locali, che si contendevano il territorio e le relative attività economiche scontrandosi una volta l'anno in una delle fiere più importanti del Salento, la fiera di San Rocco a Torrepaduli, il 15 e 16 agosto.
Il protagonista del film è Leonardo Donadei, schermidore e "ballunaru" (= costruttore di palloni aerostatici votivi di carta) incarna l'idea dell'arte come sapere di famiglia, rinnovando alle nuove generazioni il valore della tradizione e dell'importanza che un'arte espressiva come la scherma, piuttosto che la costruzione dei palloni, hanno nel continuare l'identità di una famiglia e di un luogo. Il film diventa così scansione della quotidianità della vita di Leonardo, in casa, per strada, nel laboratorio del centro storico di Parabita dove prendono forma le sue immense architetture di carta decorate con disegni stilizzati e quasi primitivi in attesa del grande lancio, nel circolo che gestisce con gli amici, sulle terrazze dove si allena con gli schermidori, tra le feste patronali e sullo sfondo di un Salento invernale, piovoso, tra gente di terra, scandito dalla raccolta delle sarmente della rimonda delle viti che andranno a costruire il grande rituale del fuoco della Focara di Novoli.
L'organizzazione del film ha privilegiato una modalità d'azione superleggera, con una troupe ridotta al minimo dei comparti tecnici e privilegiando la qualità di suono e immagini con doppia camera (in qualche caso 3) e due fonici al seguito, che hanno registrato direttamente in camera (per ridurre il più possibile la lunghezza delle operazioni di postproduzione audio e sincronizzazione) e raccolto una ricca riserva di suoni ambiente su dat. La strutturazione di una troupe leggera si è rivelata vincente per l'agilità di movimento nelle circostanze fisicamente più impraticabili ma anche per la bassa invasività che essa ha comportato nel rapporto con gli attori e con il paese in generale. Si è girato prevalentemente con luce ambiente, fatta eccezione per la scena della cena nel vecchio frantoio di Matino, in cui a curare luci ed atmosfere è stato Sergio Stamerra con l'aiuto di Costantino Frezza. Un ricco lavoro di documentazione fotografica è stato prodotto dallo stesso Sergio Stamerra a corredo del film, sia delle scene che come documento di backstage ed una sorta di diario di bordo è stato scritto dalla sottoscritta come testimonianza della lavorazione e dell'alto carattere di improvvisazione di questo progetto, la cui "sceneggiatura" è stata scritta giorno per giorno e con la collaborazione attiva dei suoi protagonisti.
Chiara Idrusa Scrimieri