"Happy Family" di Gabriele Salvatores: un
film sulle paure ed i timori quotidiani
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Happy Family" è un’opera anomala ed anti canonica che segue l’intenzione e la voglia di sperimentazione narrativa e tecnica che
Gabriele Salvatores non ha mancato di dimostrare di volere perseguire dopo l’Oscar vinto, ormai vent’anni fa, con "
Mediterraneo". L’ultimo lungometraggio di
Gabriele Salvatores è un dichiarato film nel film nel suo momento di progettazione, e un’opera d’arte che, oltre a strizzare direttamente l’occhio ai "
Sei personaggi in cerca d’autore" di Pirandello ed a tanto cinema contemporaneo purtroppo non italiano (si può citare a proposito almeno "
I Soliti Sospetti" di Bryan Singer ma anche il mondo colorato, irrealistico e sopra le righe, di Wes Anderson), non manca di giocare con la sua componente meta cinematografica e quindi con tutta una serie di meccanismi anti canonici tra cui si segnalano appunto perlomeno gli sguardi (nonché le presentazioni dei personaggi) in macchina, ed una forma di narrazione e di messa in scena volutamente antirealistica ed artefatta.
Questa forma di resa cinematografica mal si accorda però, almeno apparentemente, con la tematica trattata che è quella della paura di vivere di chi esiste in distonia con il mondo, come è il caso del protagonista Ezio, capocomico un po’ alla deriva esistenziale e quindi voglioso di trovare un riscatto alla sua vita bloccata dal timore del mondo appunto. La sua paura più grande risulterà quella di innamorarsi, come appunto il suo inevitabile vizio quello di nascondersi; ma il mondo gli si rivelerà a portata di mano.
Considerata l’intenzione di sperimentazione e di innovazione dichiarata dal regista, il suo "
Happy Family" ha anche il pregio di non assomigliare, se non per alcuni dettagli, ad un’opera complessa come "
Nirvana" o ad una tecnicamente coerente come il suo precedente "
Come Dio Comanda", ma anche a nessun altro suo film in generale. Il lungometraggio di Gabriele Salvatores in uscita è infatti una commedia a tratti molto divertente, in cui ogni lato potenzialmente drammatico è visto come una ulteriore occasione per sperimentare l’idea di uscire da una resa cinematografica naturalistica e puntare su una messa in scena che si distoglie completamente dai canoni del realismo (l’idea di come è resa è vissuta la morte ricorda un po’ le modalità narrate da Virzì nel suo ultimo lavoro "
La Prima Cosa Bella"). Gli attori sono tutti in parte, bravi e ben diretti, il regista porta a compimento i suoi intenti con mano sicura ed indubbia maestria. Certo "
Happy Family", oltre ad evidenziare alcuni snodi che rischiano di rivelarsi un po’ deboli, rischia di apparire eccessivamente come un esercizio di stile a tratti fine a sé stesso, certo nobile e coerente, pregevole e riuscito, ma che non approda mai, certo volutamente, alle emozioni che avrebbe potuto suscitare con una tematica come quella che il regista ha deciso di perseguire. Questo non toglie che certi dialoghi approdino alla poesia (come quello che i due personaggi interpretati da
Diego Abatantuono e
Fabrizio Bentivoglio fanno in barca), che la chiusura sia indovinata, benevola, intelligente ed ispirata, ed il film una intelligente e sincera, infine anche toccante, riflessione sulla vita, sui nostri desideri ed inseguiti punti di arrivo che troppo spesso ci sono negati dalle circostanze o addirittura dalle imposizioni intrinseche del mondo nel quale ci troviamo a vivere.
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Questo è un film sulla paura che tutti in un qualche modo abbiamo di vivere, ed è un timore naturale che troppo spesso ci è stato e ci è imposto dalle grandi istituzioni come lo stato e la chiesa", ha dichiarato infatti il regista durante la conferenza stampa. "
Il mio film rivendica così il diritto alla felicità (happy è per l’appunto nel titolo); cerca di guardare la vita con un sorriso e gli altri con un po’ di disponibilità e tenerezza. E’ diviso in tre capitoli che rappresentano le fasi di evoluzione della nostra vita; quando siamo nati siamo solo “personaggi ed interpreti”, poi arrivano le “confidenze” dal momento che è ovvio, vivendo, arrivare a relazionarsi con gli altri, poi queste ultime confluiscono più o meno immancabilmente nell’ “happy family".
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Ho scritto da solo la prima stesura della sceneggiatura", ha precisato
Alessandro Genovesi, autore dell’opera teatrale dalla quale "
Happy Family" è tratto, rispondendo alla domanda di come si è svolto l’adattamento del testo per il grande schermo. "
Successivamente sono arrivati i consigli di Gabriele e del produttore Maurizio Totti. Abbiamo tagliato molte scene dal momento che l’opera a teatro ha una durata sulle due ore, e poi aggiunto alcune cose come ad esempio la scena sulla barca. In generale la sfida del film è sicuramente stata quella di rendere credibile una vicenda e dei personaggi dichiaratamente finti".
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Certo è un film che poteva essere girato in 3d", ha continuato
Gabriele Salvatores rispondendo ad una domanda riguardante il noto tormentone, "
ed infatti abbiamo pensato ad una resa visiva basata sulla contaminazione, ma poi per me gli attori sono fondamentali, e anche se dovessi girare un film in animazione comunque partirei da loro".
Il film è costato tra i cinque ed i sei milioni di euro; uscirà con quasi trecento copie.
18/03/2010, 13:44
Giovanni Galletta