Note di produzione del documentario "El Bosque Terciario"
Troppo vicino, troppo lontano.
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13-IX-73. Di sicuro conoscono il bianco... il rapporto con il Perù è frequente, molti di loro hanno vissuto per anni con i bianchi e tornando raccontano queste esperienze con entusiasmo. Oggi non si trattava di mettermi a dare lezioni, piuttosto di fare una conversazione piacevole sul mio viaggio. Subito ho notato che Ramu e Petsain volevano scherzare sulle “stranezze” degli “apach” (gli uomini bianchi) e questo ha provocato come risultato un film da morire dal ridere. Ho spiegato, ancora una volta, la bontà delle erbe (lattuga, verdure), l’uso dello scarolone (servizi igienici), i viaggi sul tapiro (l’automobile, l’autobus), sulle tartarughe che ho visto (i trattori), le anime vive e parlanti (il cinema)... è diventata una festa con la partecipazione di tutti, da farci un film. Loro, da un lato si sentono affascinati dal nostro mondo, dall’altro lo fuggono e si meravigliano dei nostri difetti. Attualmente, questo gruppo usa e acquista dal bianco quello che gli è di utilità pratica, come i tessuti, le carabine, le pentole, etc, ma se arrivasse una colonia di bianchi, loro si sposterebbero immediatamente da un'altra parte. Oggi si trattava di vedere la parte comica e lo hanno fatto con grande successo. Se il loro parlare e gesticolare diventasse un film, ci meraviglieremmo della acutezza e del talento comico che possiede questa gente... è stato un pomeriggio gradevolissimo".
José Arnalot (Chuint’), Lo que los Achuar me han enseñado, Quito 1977
José Arnalot, diventato Chuint’ (traducibile come Uccellino) presso gli Achuar, ha vissuto circa due anni all’interno della comunità di Wichim. Lo que los Achuar me han enseñado è il diario tenuto durate la permanenza al villaggio. Arnalot, seminarista salesiano dubbioso e tormentato, terminata l’esperienza nella selva andrà a Roma e si sposerà, per tornare poi in Perù e ancora in Ecuador, prima di stabilirsi definitivamente in Europa. Le pagine del suo diario raccontano una sorta di viaggio iniziatico: quasi sempre unico “apach” (bianco) nel villaggio, Chuint’ riesce a farsi accettare, impara la lingua e lavora con gli indigeni. L’altro apach è Yankuam, “Stella del mattino”, il Padre “Luis” Bolla, veneto, in Ecuador dagli anni sessanta e ancora oggi nella foresta, fra le popolazioni dell’Amazzonia peruviana. Il racconto di José Arnalot è acuto, semplice e vivace, spesso ingenuo, sempre partecipe. Abbiamo trovato il libro a Quito, dopo le riprese del film. Il caso ci aveva portato, trentatrè anni dopo, nella stessa comunità Achuar.
La cosa più difficile, oggi, per chi produce film cosiddetti documentari, pare sia riuscire a non essere moralista o a non difendere per forza un “debole”, o qualcuno che sia ritenuto tale: la presenza della telecamera deve diventare la presenza di Robin Hood, di Zorro. Come se, accettato il fatto di non essere neutrale, il filmmaker debba mostrare di essere schierato dalla parte giusta e portare il suo contributo. In alcune occasioni, trattando alcuni soggetti, non è difficile schierarsi: c’è il buono e c’è il cattivo, come negli altri film, quelli che ebbi ventura di sentire definire “normali”.
Nella maggior parte dei casi è però difficile trovare i buoni e i cattivi. Più semplicemente, la presenza spesso sgradevole e inopportuna della telecamera può aiutare a vedere qualcosa di cui si hanno poche notizie, passate attraverso numerosi filtri di carattere mediatico, culturale, istituzionale. Il lavoro del documentarista è perciò, forse, quello di mostrare con meno filtri possibile. Mostrare cercando continui punti di interesse attraverso uno sguardo non ovvio, articolando poi i punti, gli appunti, gli spunti, in un discorso sviluppato in modo per quanto possibile cinematografico, decisamente cinematografico.
In El bosque terciario uno dei personaggi principali è la distanza. Non ci siamo preoccupati di colmare la lontananza culturale, ci siamo accontentati di raccontare la quotidianità vissuta intensamente nei villaggi e a Macas, presso la sede della Fundación Chankuap’.
Oggi tutta la zona è concessione petrolifera e fra poco potrebbe essere invasa da “apach” senza scrupoli, forse questo avverrà a causa di una strada in costruzione progettata per favorire gli spostamenti e i commerci. Cosa accadrà non si può sapere. Ottimista fuori luogo, ricordo che qui Pizarro fu sconfitto...
Alberto Valtellina