Note di regia del documentario "Eurofestival"
L’Eurofestival nasce nel 1956 in un’Europa molto diversa da quella odierna, ma oggi come allora si avverte ancora la necessità di un evento capace di unire (almeno per una notte) tutto il Vecchio Continente, dall’Islanda alla Turchia, dal Portogallo alla Russia, in una sorta di Olimpiade della musica.
Il nostro viaggio parte dal 1959 ed attraversa 50 anni di note, musiche e canzoni. Ad aprire le danze, è proprio il caso di dirlo, sono le giovanissime ed ancora un po’ impacciate Gemelle Kessler, che nel ’59 parteciparono per la Germania con la canzone “Heut’ woll’n wir tanzen geh’n”. Nello stesso anno Bob Benny, in gara per il Belgio, fu il primo cantante gay a salire sul palco dell’Eurovision, anche se dichiaratosi solo successivamente.
Il 1967 fu l’anno di 3 indiscusse icone femminili: Sandie Shaw, vincitrice di quell’edizione per il Regno Unito con “Puppet On A String”, Minouche Barelli in gara per il Principato di Monaco con il brano “Boum-badaboum”, Vicky con la leggendaria “L’amour est bleu” in competizione per il Lussemburgo.
Nel 1968 l’Olanda venne rappresentata dal primo cantante gay dichiarato nella storia dell’Eurofestival, si tratta di Ronnie Tober che con “Morgen” si classificò però all’ultimo posto. Vincitore morale di quella edizione fu il celebre Cliff Richard con la vendutissima “Congratulations”; il suo secondo posto, si scoprirà solo in anni recenti, fu motivato dall’intervento del dittatore Franco che corruppe alcune giurie per garantire la vittoria alla Spagna.
Del 1969 ascolteremo “Boom bang-a-bang” (utilizzata 40 anni più tardi dalla Parmalat per gli spot Santal), canzone vincitrice per il Regno Unito, cantata dalla provocante Lulu.
Ci provarono la prima volta nel 1973, la canzone si intitolava “Ring Ring”, ma non vinsero il Melodifestival (biglietto da visita necessario per rappresentare la Svezia), ci riprovarono l’anno seguente, la formazione prese le iniziali dei loro componenti e formò il nome del gruppo, erano gli ABBA, la nuova canzone si intitolava “Waterloo”, e da allora fu una rivoluzione! Memorabile anche l’ingresso del direttore d’orchestra vestito da Napoleone.
L’edizione del ’74 fu però indimenticabile anche per altre ragioni: la RAI mandò in differita di settimane la trasmissione perché la canzone italiana, dall’asciutto titolo “Sì”, rischiava di influenzare gli elettori chiamati a decidere sul referendum per approvare il divorzio; la Francia per la prima volta fu assente giustificata perché in lutto nazionale dopo la morte del Presidente Georges Pompidou; il Portogallo diede il via alla Rivoluzione dei garofani, che depose il regime autoritario fondato da Salazar, scegliendo come uno dei due segnali convenzionali l’inizio della canzone lusitana “E depois do adeus”; il Regno Unito infine si classificò quarto grazie ad una giovane e sconosciuta attrice dal promettente futuro, il suo nome era Olivia Newton-John, il brano “Long Live Love”.
Dopo una veloce cavalcata tra gli anni ’70 e ’80, tra icone femminili, Mia Martini, Ofra Haza, Alice, Lara Fabian, cantanti gay dichiarati, Jürgen Marcus, Gerald Joling (in gara anche nel 2009 con la formazione De Toppers), performance meta-gender, Ketil Stokken ed il brano “Romeo”, la seconda tappa del nostro viaggio si conclude con la bellissima ed emozionante vittoria dell’allora sconosciuta Céline Dion, in gara nel 1988 per la Svizzera con l’emozionante brano “Ne partez pas sans moi”, e con l’opening act del ’89 con la Dion che canta in prima mondiale la futura hit “Where Does My Heart Beat Now”.
Gli anni ’90 vedono un vero e proprio boom di artisti dichiaratamente omosessuali partecipare all’Eurofestival, dall’austriaco Tony Wegas alla portoghese Dina, dallo svedese Christer Björkman al norvegese Jan Werner Danielsen all’islandese Páll Óskar. Ma questo decennio verrà sicuramente ricordato per due eventi: la prima esibizione assoluta della Riverdance nell’interval act del ’94, e la vittoria della trans israeliana Dana International con la canzone “Diva”.
La Riverdance è uno spettacolo teatrale che consiste nella tradizionale danza irlandese, famosa per i rapidi movimenti delle gambe mentre il corpo e le braccia vengono mantenuti per lo più fermi. All’Eurofestival venne presentato un format di sette minuti prodotto da Moya Doherty, John McColgan, il ballerino Michael Flatley e il compositore Bill Whelan. Nel 2005 in occasione dei 50 anni dell’Eurovision Song Contest venne eletto il miglior interval act di tutti i tempi.
La vittoria di Dana fu un evento dirompente e sconvolgente; scriveva l’Ansa il 5 maggio ’99, subito dopo il suo trionfo: “Un paese che resta sveglio fin nel cuore della notte (un israeliano su due era ieri davanti al televisore), caroselli spontanei di gioia popolare davanti al Municipio di Tel Aviv con un tripudio di bandiere arcobaleno degli omosessuali. E poi i cancelli della Knesset che si aprono per accogliere quella che era ritenuta una cantante trasgressiva e marginale, «degna - per i rabbini – di Sodoma»: non c’è dubbio che la smagliante vittoria della transessuale Dana International al Festival eurovisivo della canzone a Birmingham ha avuto in Israele un effetto che va oltre la hit-parade”. Ed ancora, dall’Ansa del 10 maggio ’99: “In un paese sempre più preoccupato per il potere politico accumulato dalle forze conservatrici e religiose, la vittoria della cantante transessuale ha avuto un immediato effetto liberatorio. Per una nottata i travestiti - in genere costretti a precari incontri notturni nei parchi - hanno conquistato la Piazza Rabin antistante il municipio di Tel Aviv, dove hanno inneggiato a ‘Dana, Regina di Israele’. «Dedico questa vittoria - ha concluso la ‘Diva’ - a tutti i progressisti nel popolo israeliano»”.
L’ultima decade del nostro viaggio, dal 2000 al 2009, registra una crescita esponenziale di cantanti, gruppi e artisti lgbt presenti al festival, quasi 30 le performance da registrare alla voce “queer”. Nel 2002 per la prima volta un gruppo di drag queen, le slovene Sestre, salgono sul palco più importante ed ambito del mondo, le seguiranno nel 2007 altre due splendide e coloratissime drag, Verka Serduchka, irriverente, baraccona, kitsch oltre ogni limite, seconda classificata per l’Ucraina, e la solare ed altissima DQ per la Danimarca - quest’ultima fermatasi in semifinale. Ma il 2007 viene archiviato positivamente anche per la vittoria della lesbica serba Marija Šerifović con la canzone “Molitva”, affiancata da un intrigante e conturbante ‘lesbo show’ con 5 affascinanti ragazze dal look ammiccante al serial “The L Word”. Ed ancora: l’enorme fiocco rosso simbolo della lotta all’Aids al centro dell’esibizione della band austriaca di Eric Papilaya e la sua “Get A Life Get Alive”, i francesi Les fatals picards che con piglio camp cantano “L’amour à la française”, gli svedesi The Ark con “The Worrying Kind”.
Nel 2003 salirono sul palco per la Russia le t.A.T.u. con il brano “Ne ver', ne boysia”. In un sol colpo il ‘lesbo’ duo riuscì a scontentare fan, pubblico e giornalisti: non si presentarono alle prove, vennero contestate in sala stampa, minacciarono un’esibizione trasgressiva in diretta mondovisione, durante la gara vennero accolte dai fischi del pubblico della “Skonto Hall” di Riga, cantarono in russo deludendo i fan europei, stonarono, e da super favorite si piazzarono terze, dietro a Turchia e Belgio. Tornarono ad esibirsi all’Eurovision nel 2009 cantando “Not Gonna Get Us” accompagnate dal Coro dell’Armata Rossa ed affiancate da un improbabile carro armato rosa. Buon viaggio e buon ascolto a tutti.
Daniel N. Casagrande