Bernardo Bertolucci: "L’effetto Berlusconi è un’Italia demotivata,
non abbiamo più spazio per ambizioni nobili"
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Mentre guardo lo schermo muto della tv su cui scorre la partita dei Mondiali di Calcio mi viene da pensare che si è detto tanto sulla Nazionale che ha perso, e credo sia successo perché i giocatori erano demotivati. Anch’io sono demotivato, tutti gli italiani lo sono. L’effetto Berlusconi è un’Italia demotivata, non abbiamo più spazio per ambizioni nobili”. Così si sfoga
Bernardo Bertolucci, in collegamento telefonico con il pubblico della
Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro che lo aveva invitato per rendergli omaggio, parlare del suo prolifico rapporto personale e creativo con Gianni Amico e consegnarli il
Premio Pesaro Nuovo Cinema. L’autore di Prima della rivoluzione è stato purtroppo impossibilitato a raggiungere Pesaro, ma ritirerà il riconoscimento a Roma mercoledì 30 giugno all’Ambasciata di Francia a Piazza Farnese, dove sarà presentato il libro “
La mia magnifica ossessione – Scritti, ricordi, interventi (1962-2010)”, una raccolta di suoi scritti sul cinema a cura di
Piero Spila e
Fabio Francione.
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Parlare con Pesaro per me è emozionante, lì ho vissuto dei momenti fantastici nei miei primi anni da cinefilo accanito”, ha detto
Bertolucci durante il colloquio con Bruno Torri e il pubblico del Teatro Sperimentale, in cui ha rievocato l’epoca – negli anni ’60 - in cui iniziava la sua carriera e conosceva Gianni Amico, a cui la Mostra tributa un omaggio con la proiezione di Tropici. “
Il secondo figlio di Gianni nacque quando avevo appena realizzato Novecento. Per annunciarmi la sua nascita, mi mandò un telegramma in cui c’era scritto ‘E’ nato Olmo’. Lo aveva chiamato come il mio protagonista. Abbiamo condiviso anni di entusiasmi cinefili e abbiamo scritto insieme Prima della rivoluzione, un film per me fondamentale, una sorta di iniziazione, in cui parlavo di un giovane della mia età, di estrazione borghese e dalla grande passione politica”.
Infine il regista ha analizzato brevemente la trasformazione del suo modo di fare cinema, “
Forse negli anni ’60 i miei film erano monologhi. Poi ho avuto il bisogno di sentire il pubblico e li ho trasformati in dialoghi, con gli spettatori e con gli altri film.”
28/06/2010, 11:59