Note di regia del documentario "Iblei - Storie e Luoghi di un Parco"
Guardare non è vedere, il vedere presuppone un processo di conoscenza. Quando abbiamo iniziato questo documentario siamo partiti “guardando” il territorio, studiandolo, calpestandolo e solo gradualmente abbiamo cominciato a conoscerlo. Il nostro sguardo, distratto dai polmoni e dai muscoli, forse ancora non troppo pronti per questa esplorazione, ha iniziato progressivamente a “vedere”: non si limitava a guardare il paesaggio dell’inquadratura, sia esso panoramico o millimetrico, ma si inoltrava a scoprirne le leggi che ne regolavano l’assetto. Abbiamo scoperto così che il paesaggio ibleo, non è riconducibile a una definizione ma a un grappolo di definizioni.
“Siemu figghi ra timpa pirciata”, e già dall’origine si è destinati e destinatari. Così un massaro ha espresso forse il cuore della civiltà iblea. Dove per “pirciare la timpa” si intende il lavorìo costante dell’acqua che, scendendo alla ricerca del mare, consuma, modella e incide la pietra calcarea, e di riflesso quello dell’uomo che scava, spingendo ai bordi la pietra che lo separa dalla fertilità della terra. Due lavorii complementari, che si compenetrano nel popolo delle cave. Siamo figli del sudore e della legge naturale e per questo dobbiamo saper aspettare per poter “vedere”.
Iblei - storie e luoghi di un parco è il racconto di una scoperta (o di una ri-scoperta). Quella di un territorio, vasto e ricchissimo da cui emerge, chiara e monumentale, un’identità millenaria fatta di natura e lavoro umano. Abbiamo scoperto che quella che adesso sembra una contesa, in passato era una relazione, basata sull’ascolto, il rispetto, la fatica nell’adeguare l’esistenza umana alle leggi della natura. Ed è sorprendente intuire come nel territorio ibleo si manifesti oggi questa concezione modernissima che vede l’elemento naturale protagonista e guida dell’agire umano.
Vincenzo Cascone