Note di regia del film "La Scuola è Finita"
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Nessun apprendimento vale qualcosa se toglie la gioia”
H. PESTALOZZI
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La scuola è finita” è ambientato nell’Istituto Pestalozzi, in onore del grande pedagogo che mette al centro del processo educativo la crescita emotiva e morale dei ragazzi. È una scuola meno fotogenica dei licei forse, meno edificante sicuramente, e forse a qualcuno sembrerà surreale. Eppure il 70% dei ragazzi italiani frequenta proprio scuole come questa, non il liceo classico o scientifico.
L’idea iniziale per il film mi è venuta una sera al Big Mama al concerto di uno strano gruppo, i Riding Sixties, che suonano impeccabili cover di canzoni Rock anni ’60 e ’70. Ma non è il loro repertorio che li rende strani, quanto il fatto che la band è composta da due miei colleghi professori del “Rossellini” e dai loro studenti. Quella sera c’erano anche tanti miei allievi: allegri, entusiasti, così diversi dall’apatia che mostravano in classe. La bellezza condivisa di quelle vecchie canzoni, l’orgoglio e il panico dei ragazzi che si esibivano insieme ai loro professori… in quel momento mi è sembrato che quella gioia e quell’emozione che univa due generazioni fosse il segreto che ogni giorno cercavamo a scuola: cos’è che funziona, cos’è che può davvero aiutare un ragazzo, cos’è che può farlo crescere oltre il limite che il suo ambiente, la sua storia lasciano prevedere? Da quel giorno, ho sempre pensato a “La scuola è finita” come a un film musicale.
Nel lungo percorso che ci ha condotto al film, ho realizzato insieme ad altri colleghi un video-diario: dal primo appello il primo giorno di scuola, per tre anni abbiamo documentato la vita di una classe. Volevamo capire perché, tra bocciature e abbandoni, più di un terzo degli studenti si perde per strada e non arriva mai al diploma.
A poco a poco, attraverso l’obbiettivo di una palmare, ho visto ciò che come insegnante respingevo alla periferia della coscienza: la NOIA, una noia metafisica, totale. Nei primi piani degli studenti leggevo una distanza abissale dalla scuola, come se qualcuno non fosse neanche riuscito a spiegare loro perché dovevano stare lì dentro. Per intervistarli siamo anche entrati in molte case. All’inizio accusavamo uno strano disagio, c’era qualcosa che ai nostri occhi rendeva esotiche e nude le loro camerette… Ognuna aveva la sua playstation, la tv, qualche volta il pc. Quasi mai libri. Le madri a volte mi confidavano che per far studiare il figlio dovevano leggergli il libro di testo ad alta voce.
A quindici anni un ragazzo in media ha passato più tempo davanti alla tv che sui banchi di scuola. Come fa un povero professore a mettersi in sintonia con migliaia di ore di calcio, di pacchi miracolosi, di… anestesia? Possibile che un paese spenda miliardi per la scuola ma non riesca ad avere una televisione che per esempio sappia spiegare a una famiglia, prima che sia troppo tardi, che c’è un rapporto diretto tra numero dei libri in casa e successo scolastico di un ragazzo? Allora perché meravigliarsi se questi ragazzi sono spaventati, incapaci di orientarsi, pieni di rabbia o di cinismo verso quello che li aspetta là fuori?
L’ambientazione de “
La scuola è finita” rappresenta in modo fedele istituti scolastici che abbiamo visitato e fotografato: nulla è inventato. Io stesso ho insegnato un paio d’anni in un’aula che assomiglia molto a quella del film: il mostro che incombe sulla lavagna, un buco nella porta. Ho avuto ragazzi che rientravano in classe dal “bagno” con espressioni strane, o improvvisamente andavano fuori di testa. Li ho spiati mentre spacciavano a ricreazione in qualche angolo di scuola poco frequentato: e so che il mio non è purtroppo un caso isolato. Non sono così ingenuo da pensare che la droga sia il vero problema, ma credo sia inaccettabile, come ormai invece succede, che si tolleri lo spaccio e il consumo di droga all’interno delle mura scolastiche. Il trattamento originale del film s’intitolava “
Laria” ed è stato finalista al premio Solinas 2002 .
Musica
Durante la preparazione del film ho iniziato a collaborare con Francesco Sàrcina, leader de Le Vibrazioni che stava ultimando il nuovo album del gruppo, “Le strade del Tempo”. Francesco è entrato in sintonia con la storia del film, con i personaggi di Alex e Talarico soprattutto: si ritrovava molto in questo rapporto con un professore che intuisce il talento musicale di un suo allievo, e nell’insofferenza di Alex verso la scuola… e poi ho scoperto che Francesco, come Alex, aveva frequentato l’istituto Pestalozzi!
Una canzone del nuovo album, “
Va Così”, mi sembrava adatta alla scena del concerto: Francesco ha fatto un grande lavoro di preparazione, ricreando per due scene del film dei momenti intermedi nella composizione del pezzo, assistendo poi Vincenzo Amato e Fulvio Forti nell’impostazione musicale.
A quel punto mi è sembrato naturale affidare la colonna sonora del film a Francesco. Volevo avere qualcosa di più presente e vitale rispetto alla musica di commento tipica dei film italiani, e ho chiesto a Francesco di creare un mondo sonoro che esprimesse l’energia sotterranea e la carica emotiva che i ragazzi hanno dentro di sé. Credo che il risultato sia andato oltre le mie aspettative, e che la musica riesca ad esprimere proprio il “viaggio” interiore di Alex che considero il cuore del film.
Oltre a “
Va Così” de Le Vibrazioni, nella colonna sonora c’è anche un famoso pezzo dei Cream suonato da Eric Clapton, “
White Room”, insieme a composizioni originali di gruppi musicali di ragazzi che abbiamo scovato durante il lungo periodo di casting nelle scuole. Nella colonna sonora figurano infine alcuni pezzi originali di Paolo Buonvino, che mi ha anche aiutato nella non facile impresa di trovare un equilibrio e un’armonia tra tutti questi diversi contributi musicali.
Valerio Jalongo