"Via Appia": il viaggio come metafora
di libertà e di ricerca interiore
Tre uomini, tre storie, ma un unico vero obiettivo, ritrovare la libertà. Protagonisti di “
Via Appia”, documentario di
Paolo De Falco presentato in concorso nella sezione “
Italiana.Doc” della ventottesima edizione del
Torino Film Festival sono tre individui apparentemente molto diversi fra loro, per provenienza geografica o abitudini di vita. C'è Bruno che quando racconta agli amici delle lunghe cavalcate in Puglia, pare stia scherzando e ti sorprende un po vederlo salire in sella per davvero e partire con al seguito i quattro figli verso valli sperdute. C'è Giacomo, silenzioso e indiscreto che decide di voler attraversare una lunga parte dell'Italia meridionale in barca a remi, riuscendoci solo a tratti a causa dell'assenza di acqua in alcune zone. E poi c'è Antonio, letterato chiamato a presenziare a numerosi convegni, che affascinato da una ragazza decide di seguirla per un viaggio in treno che non sa dove lo porterà.
La “realtà” viene spesso meno e l'aria che si respira è di messa in scena, ma tutto ciò non danneggia la visione di un documentario fortemente curato nei particolari. Ma il viaggio dei tre protagonisti è innanzitutto un viaggio interiore, intrapreso da chi, insoddisfatto della propria vita, sa che l'unico modo per tornare a vivere veramente è partire, alla ricerca di se stessi, senza dare troppa importanza alla meta finale, che sia un bel tramonto o una fredda notte in cui accendere un fuoco.
29/11/2010, 12:23
Antonio Capellupo