Rossella, sette puntate su Rai 1 dal 9 gennaio 2010
Una domanda scaturisce alla visione di "
Rossella", il nuovo
sceneggiato di
Rai 1: ma il pubblico è ancora interessato ad argomenti così "bassi"? Evidentemente sì, visto che la TV di Stato punta molto su questo tipo di intrattenimento, sicura dei gusti del proprio pubblico.
Gabriella Pession è "
Rossella" una giovane donna di fine '800, capace di emanciparsi e vivere lontana dai canoni del tempo. Ma è veramente questo che dice la fiction? A guardare la prima puntata, presentata alla
Casa del Cinema di Roma, l'idea di emancipazione sembrerebbe soltanto una scusa per modernizzare i personaggi, senza una vera contestualizzazione nel periodo storico. In realtà Rossella, figlia di una ricca famiglia genovese, senza farne mistero, vuole per sé le cose che ogni ragazza (ancora) sogna; un fidanzato da stringere e baciare, un anello da infilare al dito, una romantica fuga, un'alcova dove vivere i momenti di passione. D'altro non c'è traccia. L'unico moto di ribellione verso il padre è la scelta del fidanzato: non voglio imposizioni, a me piace un altro e per averlo scappo di casa. Non è proprio quello che si dice un modello di emancipazione femminile, questo. Ma forse, come detto, sarebbe meglio parlare di attualizzazione del personaggio, abbassando però drasticamente il livello socio-culturale della protagonista. Il pubblico di riferimento sogna di raggiungere gli stessi risultati di "
Rossella", si immedesima in
Gabriella Pession senza pensarci troppo, spera che lo stesso moro dagli occhi profondi cada (dalla bici) ai suoi piedi un domani, all'uscita di scuola o del lavoro. E aspettando aspettando, si rifà gli occhi e il cuore con la fiction TV.
"
Rossella" mostra tutta la ricchezza e lo sforzo produttivo; alle icone della fiction come
Gabriella Pession,
Giuseppe Zeno,
Teresa Saponangelo e
Francesca Cavallin, si affiancano attori di qualità e spessore come
Toni Bertorelli,
Anna Melato,
Fabio Sartor e
Monica Guerritore, in un'ambientazione ricca e curata (Palazzo Chigi di Ariccia e lo spazio antistante sono la Genova di fine '800) tra carrozze, costumi e movimenti di persone e macchina da presa rispettabili (la regia è di
Gianni Lepre).
Quello che manca (come spesso accade) sono i contenuti. Storia e dialoghi sono prevedibili e banali, i personaggi sono già visti e la loro dualità è rarefatta e scontata. A che serve mostrare tutto il rito del matrimonio, con domanda "
vuoi tu sposare...", risposta "
sì", scambio di anelli e, soprattutto, di sguardi languidi, se non a soddisfare i sogni di molte spettatrici?
D'altra parte, se loro gradiscono, non sarebbe carino scontentarle.
04/01/2011, 18:43
Lucilla Chiodi