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Il cinema italiano ai Festival Internazionali: il bilancio


Il cinema italiano ai Festival Internazionali: il bilancio
Una scena tratta da "Le Quattro Volte"
Per il terzo anno consecutivo, nessun film italiano è stato inserito nel Concorso della Berlinale... Archiviata quest'annata, non certo memorabile per la nostra cinematografia, è giunto il momento del bilancio per quanto riguarda i film italiani usciti nel 2010 ma anche e soprattutto per i formidabili biglietti da visita costituiti dalla selezione di quelle opere nei vari festival internazionali in Italia e all'estero.

Dalle vicine Cannes e Locarno si è avviato il cammino del cinema italiano. Se Cannes aveva visto pavoneggiare l'Italia due anni fa con “due falò che, speriamo, faranno incendi” dixit Monicelli (i film di Garrone e Sorrentino ovviamente, entrambi premiati), l'anno successivo "Vincere" di Bellocchio non aveva certo sfigurato e in molti avevano anche pronosticato un premio d'interpretazione per Giovanna Mezzogiorno. E' invece Elio Germano ad averlo vinto quest'anno. Eppure l'unico titolo italiano in concorso, un po' presuntuosamente chiamato "La Nostra Vita", non ha mantenuto le promesse. La rischiosa ed ambigua sceneggiatura di Rulli & Petraglia, giustamente incriminata da Goffredo Fofi (su L'Unità), non è stata oltretutto sorretta da una regia, da un punto di vista all'altezza della sua complessità.

Di tutt'altro calibro sono il film italiano della prestigiosa Quinzaine, "Le Quattro Volte", così come il film in concorso a Locarno, "Pietro" di Daniele Gaglianone, e "L'Amore Buio" di Antonio Capuano proposto alle Giornate degli Autori di Venezia. All'opposto delle selezioni ufficiali di Cannes o Berlino, la Quinzaine ha scoperto numerosi talenti lungo la sua storia selezionando in media un film italiano ogni anno: prima di Frammartino, lo splendida opera seconda di Francesco Munzi "Il Resto della Notte", "La Pivellina" esordio di Tizza Covi e Rainer Frimmel...

"Le Quattro Volte" segna la consacrazione di un autore inimitabile alle prese con un'opera affascinante quanto sfuggente ad ogni catalogazione (e in cima alla nostra classifica dei film più premiati dell'anno). Cinema per certi versi ancor più estremo, "Pietro" non fa concessioni nel dipingere un ritratto disperato di due fratelli, derelitti di una società spietata. Girato nell'urgenza, spesso con la camera a mano, anche l'ultimo film di Antonio Capuano che, senza raggiungere le vette di "La Guerra di Mario" (sempre con Valeria Golino), ripropone lo stesso scontro fra due mondi partenopei agli antipodi, quello popolare e la buona borghesia.

Fra i numerosi altri film di fiction selezionati, pochi hanno quel respiro internazionale necessario. Nella selezione ufficiale di Venezia, l'unica bella sorpresa è l'opera prima di Ascanio Celestini così come l'anno scorso l'esordio di Giuseppe Capotondi ("La Doppia Ora") che primeggiava sul resto della squadra italiana in Concorso. Sui 12 film selezionati in 3 anni (decisamente troppi!) da Marco Müller, pochi titoli indimenticabili anche se la decina di altri autori sono tutti di qualità (Costanzo, Martone, Mazzacurati quest'anno, Francesca Comencini, Placido, Tornatore l'anno scorso, Avati, Bechis, Corsicato, Ozpetek due anni fa). "La Pecora Nera" invece non soffre della sua matrice teatrale. Celestini ha saputo trovare il taglio narrativo, la messa in scena che fa brillare questo testo di luce nuova, commovente dal primo all'ultimo minuto. Altrettanto non si può dire degli altri tre film in Concorso. "Noi Credevamo" (Martone) è un'opera notevole e coraggiosa ma troppo ellittica e narrativamente azzardata. Inesportabile. "La Passione" vede Mazzacurati misurarsi con una commedia che non disdegna l'autoironia ma il grottesco non è nelle sue corde malgrado il formidabile duo di clown tristi Orlando/Battiston. "La Solitudine dei Numeri Primi" (Costanzo) soffre di un montaggio che non sempre funziona nel mescolare le tre età, disuguali tra loro, di queste anime “gemelle”.

A questi film di qualità ma incompiuti si aggiunge la schiera di opere che affollano le varie sezioni del Festival onnivoro: una ventina di lungometraggi di fiction e più di 30 documentari! Fuori concorso, Placido ("Vallanzasca") si conferma un ottimo confezionatore di film di genere mentre Incerti ("Gorbaciof") non ha saputo tenere a freno Toni Servillo e ha esagerato nelle cineserie (primi piani dell'attrice e musica insopportabili). Nella Settimana della Critica, "Hai Paura del Buio" di Massimo Coppola meritava migliore accoglienza: uno spaccato di vite al femminile, uno sguardo inedito sull'immigrazione, un film solo apparentemente irrisolto. Nella sezione Controcampo Italiano, lodevole di proporre ben 4 registe, al film premiato, "20 Sigarette" di Aureliano Amadei, che si riscatta solo nella seconda parte (il dopo la strage), preferiamo la commedia di rara inventiva, "Into Paradiso". Catapultando in modo grottesco l'universo del film di mafia nella comunità srilankese, Paola Livia Randi diverte con spirito senza cadute di tono né di ritmo.

Al Sundance invece è l'opera di Roberta Torre ("I Baci Mai Dati)" che ha attirato l'attenzione. Sorprendente anche il percorso all'estero e in particolare negli states di "Io Sono l'Amore" di Luca Guadagnino, snobbato in patria, fino alla nomination ai Golden Globe. Rimandi a Visconti e Pasolini, un cast internazionale con attori cult come Pippo Delbono o Tilda Swinton e un pizzico d'erotismo sono gli ingredienti del caso fenomeno dell'anno. Invece, la splendida commedia all'Italiana di Virzì (La Prima Cosa Bella), candidato italiano all'Oscar, viene subito bocciata e non approda nemmeno alle nomination. Oggi l'interesse per il nostro cinema si colloca da qualche parte fra cinema del reale (da "Gomorra" a "La Bocca del Lupo") e un cinema piuttosto drammatico con una marcata ricerca estetica che rischia a volte di cadere in esercizi di stile e/o “esotismi” (Sorrentino, Crialese...).

Infine, alla stregua del titolo in concorso a Torino ("Henry" di Alessandro Piva), il Festival di Roma non ha certo dimostrato di essere indispensabile. Dopo il meritato successo di "L'Uomo che Verrà" l'anno scorso, le quattro opere in concorso quest'anno hanno presentato pochi spunti d'interesse. Emerge il film di Claudio Cupellini che cambia felicemente genere con "Una Vita Tranquilla", giallo insolito ad alta tensione con un ottimo Toni Servillo... A Berlino, che nell'edizione 2010 aveva presentato il miglior esordio dell'anno ("Due Vite per Caso" di Alessandro Aronadio), hanno approdato solo 2 film in sezioni parallele: l'opera seconda di Gianni Di Gregorio ("Gianni e le Donne" dopo il trionfo di "Pranzo di Ferragosto", selezionato in più di 100 festival); e la maschera dissacrante di Antonio Albanese, agghiacciante metafora del Belpaese.

Fuori dalla mischia dei principali festival, le notevoli commedie di Ferzan Ozpetek ("Mine Vaganti") e Paolo Virzì, i drammi psicologici toccanti di Pupi Avati ("Una Sconfinata Giovinezza", per l'appunto “grande escluso” di Venezia) e Silvio Soldini ("Cosa Voglio di Più"), "Happy Family" di Gabriele Salvatores... Tutti film che si sono però ritrovati in Concorso nella seconda edizione del super Festival di cinema italiano di Bari. Nell'attesa dei David di Donatello, l'ha spuntata "Mine Vaganti" di Ozpetek... Ma il cinema italiano sta attraversando una profonda mutazione, con un certo calo produttivo e qualitativo compensato dall'ottima salute del documentario e da straordinari risultati al box office ottenuti da un rigenerato cinema commerciale.

31/01/2011, 16:17

Alain Bichon