!Xš‚‰

Note di regia del film "Come un Delfino"


Note di regia del film
Ho tre motivi, che mi hanno spinto a dedicare due anni della mia vita a questo film. E li vorrei esplicitare tutti e tre:

1. Raoul Bova è un’anima bella. Se chiedesse agli uccellini di scendere dagli alberi, lo farebbero. Mi commuove vedere una star che ha un grande successo sia nel cinema che nella tv, uno che potrebbe starsene al sole dei caraibi con la sua famiglia, che invece si sbatte dalla mattina alla sera, dopo il lavoro, per cercare di dare qualcosa ad altri, meno fortunati. Forse è per questo che quando Raoul chiama, io corro, qualunque sia la cosa per cui mi ha chiamato, che sia un documentario ad Haiti, per il dopo terremoto, oppure una miniserie come questa. In tutti e due i casi, io mi sento esattamente come quegli uccellini. Io lo seguirei in capo al mondo, Raoul, in cambio di nient’altro che non sia la possibilità di dare una mano ai suoi progetti. Forse perché al centro di tutti i suoi progetti c’è sempre un Valore da difendere, da veder trionfare. Nel caso di questo film, il Valore al centro del racconto, sorprendentemente, è l’Autostima. Quando mi ha chiesto di aiutarlo a dare corpo ad un’idea che gli ronzava dentro da una vita, nessuno dei due immaginava che ci avrebbe portati a parlare di questo. Se ad un uomo manca la stima di sé stesso, non potrà mai dare un contributo vero, non solo alla società, ma neanche a sé stesso e alla sua famiglia. In questa storia l’atleta rotto impersonato da Raoul, oltre al nuoto, insegna ad un gruppo di minorenni reclusi ad avere stima di se stessi. Ma al tempo stesso, impara da loro qualcos’altro, di altrettanto utile, per la sua Autostima. “Come un Delfino” è sicuramente il film più complicato che abbia mai fatto, da un punto di vista produttivo, e devo ringraziare Chiara Giordano, a cui avevo prognosticato parecchi anni fa un talento possibile di produttrice, di avermi messo generosamente a disposizione tutto quello che serviva per farlo al meglio, compresi i suoi schietti punti di vista sul racconto.

2. Il concept di questo film è qualcosa che sento molto. In pratica il messaggio è questo: in gruppo si è più forti che da soli. E questo può permetterci di sfuggire a una strana equazione, che ancora governa malamente alcune zone del nostro Paese: bontà=impotenza. Insomma chi è Buono, in alcune zone nel nostro Paese, viene vissuto un po’ come un fesso, mentre chi non lo è viene vissuto come un figo, uno con le palle, e che anche se è disonesto, potrebbe paradossalmente venire invidiato, ammirato. Io credo molto al fatto che i giovani abbiano bisogno di modelli di riferimento positivi. Purtroppo non ne trovano tanti, tra quelli veramente positivi, che al tempo stesso diano una sensazione di potenza. Non so, forse Saviano, è uno di questi. Ha coraggio e leva alta la sua voce, rischiando in prima persona. Insomma è Buono, e Potente al tempo stesso. Ma ne servirebbero cinquanta, di Saviano. Viceversa alcuni giovani, soprattutto quelli ad alta energia, possono essere attratti da modelli di riferimento negativi, perché sono gli unici che emanano una sensazione (illusoria) di potenza. In quei casi, purtroppo, non c’è gara, tra Onestà e Disonestà. Da una parte c’è qualche gaglioffo che ti offre una “meritocratica” possibilità di avere un riconoscimento del tuo coraggio, anche se impiegato nella disonestà, e dall’altra c’è uno Stato che non solo non riesce a premiare i tuoi meriti, ma, soprattutto, spesso non ti protegge neanche dalla sopraffazione. Il risultato è quello di deprimersi in un’onestà che viene vissuta come garanzia di povertà, di mancato lavoro, mancate possibilità di potersi esprimere. Ecco, Raoul, in questo film, è un modello di riferimento positivo: è uno che pur essendo buono, non è fesso. Il personaggio che interpreta è un’eccezione a quell’equazione paradossale di cui parlavo prima: Alessandro Dominici è buono, ma non è impotente, anzi. È la prova vivente che il Bene può vincere sul Male. Per poter vincere il male, bisogna unirsi, fare gruppo. Stare in gruppo significa non solo condividere gioie e dolori, ma anche darsi una mano l’un l’altro quando serve, e quindi impedire a degli attacchi di Disistima di Noi Stessi, di indebolirci, di deprimerci, e di spingerci a fare stupidaggini. È di questo, che parla questo film. Invita a fare Gruppo, contro il male, perché il gruppo è più forte della somma dei singoli. E dà una possibilità di riscatto a tanti giovani che altrimenti non avrebbero nessuna possibilità di uscire dal loro status sociale.

3. Ho amato molto lo sport, fin da ragazzo, e ho sempre pensato che rappresentare uno sport in un film era una sfida interessante. Alcuni sport sono considerati piuttosto noiosi, e quindi poco telegenici. Il nuoto, in particolare, non avendo possibilità di conflitto fisico diretto, come il pugilato, non è mai stato molto frequentato, nel cinema, e nella televisione. Io penso che invece il nuoto abbia un valore importante da trasmettere: è una sintesi di libertà e di pulizia interiore, ed ha una limpidezza che è assente in altre discipline. Fin dall’inizio, sia io che Raoul abbiamo voluto Ennio Morricone, convinti, oggi come sempre, che questo nostro grandissimo compositore fosse l’ unica anima musicale possibile di questo particolare messaggio. Tra l’altro Morricone aveva composto le musiche di tutti e tre i film che avevo fatto insieme a Raoul, e cioè la Storia dei Fratelli Abbagnale, il Quarto Re, ed Ultimo, e la sua musica aveva contribuito molto a rendere questi film dei grandi successi. Non abbiamo dovuto faticare affatto, per convincerlo. Ennio ci ha detto subito di sì, e penso di poter dire che ha amato fin dall’inizio la possibilità di far emergere questo particolare valore del nuoto: io credo che questa sia una delle più belle colonne sonore di Ennio Morricone degli ultimi dieci anni, non solo in televisione.

Stefano Reali