Ninni Bruschetta: "Sulla pigrizia io e il
Duccio Patanè di Boris siamo simili"
Una leggenda vuole che potessi essere tu il “Renè Ferretti” di “Boris”. Confermi?
Ninni Bruschetta: Assolutamente, perché ho raccontato tante volte questa storia, ma stavo cominciando a dubitare che fosse vera. Poi ieri ho letto questo episodio, raccontato da Luca Vendruscolo nel libro su “Boris” uscito con Feltrinelli e ora ne sono certo. Io feci il provino per “Renè” e Luca mi chiese se volevo leggere anche la parte di “Duccio”, che non conoscevo a memoria e inventai sul momento. Mi sono anche un po avvilito perché non mi andava di fare un cocainomane schizzato come proposto dagli altri e scelsi di farlo in “down”, ed è rimasto così per tutta la serie.
Hai mai pensato a come sarebbe stato il tuo “Renè”? Avresti avuto lo stesso mix di rabbia e pazzia di Pannofino?
Ninni Bruschetta: No, sarebbe stato molto diverso, perché quello nasce dalle qualità di Francesco, un attore straordinario che mette molto di suo nei personaggi che interpreta. Avrei di sicuro attinto dalla mia esperienza di regista teatrale, e avrei dovuto “rappresentare” molto il personaggio che avevano scritto, perché come regista sono calmissimo e non ho mai scatti di nervi.
La forza della serie e del film sta nella minuziosa costruzione dei personaggi. Quanto hai aggiunto di tuo a “Duccio Patanè” e quanto invece era già in sceneggiatura?
Ninni Bruschetta: Di testo praticamente nulla, solo qualche parola come “diegetico”, presente nel film e che uso spesso quando lavoro a teatro. I testi che scrivono sono talmente perfetti che si imparano a memoria in un attimo e hanno un tale ritmo interno che non avrebbe senso modificarli. Quello che porti di tuo è un lavoro sul carattere del personaggio, ad esempio la pigrizia che in me è nascosta. Sono un pigro ma combatto quotidianamente, la mia giornata consiste in un braccio di ferro che inizia da quando mi sveglio e finalmente finisce con una sconfitta la sera quando vado a letto. E' la pigrizia del pomeriggio greco, che inizia in un tavolino fuori dal bar alle tre del pomeriggio e finisce con la birra delle sette.
“Non leggere più niente”, “ti piace davvero, lasciala”, “non puoi smettere di spacciare”. Sei riuscito a far innamorare il pubblico di un personaggio per nulla positivo. Qual'è il segreto?
Ninni Bruschetta: In questo “Duccio” è molto diverso da me, perché faccio tutto tranne che non leggere. Il fatto che la gente si innamori di un personaggio negativo è una cosa drammaturgicamente normale. Tutti i grandi personaggi sono negativi e diventano miti, perché provocano nello spettatore più che un amore una passione. Questa non è malvagia ma catartica, perché se vedi tutto quello schifo, magari ti fa ridere e lo tieni lontano da te e in qualche modo smitizzi, attraverso il personaggio, il male che c'è dentro di te. Poi il “ti piace davvero, lasciala” è scritto dagli autori ma mi appartiene molto. E' un modo diverso per dire qualcosa di meno orrendo, cioè che a volte le passioni non sono motivate da un vero sentimento ma dalla vanità. Ci si può trovare davanti a un amore non vero e mi è capitato davvero di dire ad un amico “ti piace davvero, lasciala”.
All'inizio di tutto avresti mai pensato che “smarmellare” potesse diventare un vero tormentone e soprattutto era in sceneggiatura o è farina del tuo sacco?
Ninni Bruschetta: Tutti quanti eravamo molto convinti della qualità del prodotto e pensavamo che sarebbe piaciuto, ma nessuno poteva immaginare un ampliamento del successo tale. “Boris” era un esperimento, ma già dal pilota ci siamo accorti che stavamo facendo qualcosa di interessante. Smarmellare invece è "sceneggiaturissima", pare sia una cosa vera, già usata da qualcuno. Ormai lo dicono tutti, questo è sicuro.
Nel film si spara allo stesso modo contro i cine-panettoni e il cinema d'autore e tu in carriera hai lavorato con gente come Giordana, Maselli e Sorrentino. Quanto c'è di vero nella ricerca di perfezione che porta a girare magari una sola inquadratura in una mattinata?
Ninni Bruschetta: Quelli che hai citato sono autori veri e in loro presenza non c'è nulla di tutto questo. Ne “L'uomo in più” di Paolo Sorrentino c'erano ritmi rigorosissimi, e Angelo Curti e Nicola Giuliano hanno dato vita ad un piccolo gioiello produttivo. Anche “I cento passi” che segnava il ritorno di Marco Tullio, dopo tanti anni lontano dal cinema, era una delle prime produzioni di Fabrizio Mosca, molto blindato e rigoroso. Sono i registi che hanno fatto la storia del cinema italiano e non solo, non come quelli raccontati in “Boris”. Poi esiste un sottobosco complesso da spiegare, quella parte di ambiente cinematografico a cavallo tra l'autore e la convenzione, quegli autori non veramente autori. Quando l'atteggiamento autorale passa nel commerciale, diventa convenzionale e quello viene raccontato nel film. A me raramente è capitato di averci a che fare, ma ormai ho imparato a riconoscerli e quando mi chiamano, guarda caso, in quei giorni sono impegnato.
E invece in tv vige davvero il “qui ti chiedono di lavorare poco e male e ti pagano bene”?
Ninni Bruschetta: Nella tv che faccio io mi chiedono di lavorare molto, bene e ti pagano il giusto. Io faccio spesso il comprimario, quindi non ho mai le paghe a volte stratosferiche ed esagerate di alcuni protagonisti, ma è un lavoro molto bello e serio. Si lavora tantissimo perché si girano tante scene e ricordo che in “Squadra antimafia” ci sono state giornate in cui abbiamo girato anche otto o nove scene, dieci ore di lavoro consecutive. Poi è bello perché più giri, meglio reciti, perché tutto diventa quasi teatrale. Ma in realtà l'ambiente raccontato non comprende solo la fiction peggiore a cui si ispira “Gli occhi del cuore”, ma ne fa parte anche la grande quantità di tecnici che ruotano attorno a una trasmissione come “Il grande fratello”, in cui c'è un'umanità caratterizzata da certe noie. Prova a immaginare cosa significa stare una giornata intera dietro una macchina a vedere il GF. Senza criticare nessuno, ma è un lavoro noiosissimo, dove si fa poco.
“Boris” mostra le tante maestranze che stanno dietro alla riuscita di una fiction piuttosto che un film. Pensi sia stata la risposta migliore a chi dice che “con la cultura non si mangia”?
Ninni Bruschetta: Questa è la rappresentazione dell'indotto. Per fortuna il ministro ha smentito con il rimpinguamento del FUS. Il problema della cultura è che andrebbe organizzata in sinergia con il turismo, perché sono le due grandi ricchezze del nostro Paese che, se sostenute come si deve, possono portare un indotto enorme, grazie a tutte le maestranze che lavorano nei due ambienti. Se si guardasse con attenzione a questo, si potrebbe addirittura non aumentare i soldi del fondo, ma costruire un grande progetto culturale in Italia, necessario per uscire dalla crisi.
30/03/2011, 22:40
Antonio Capellupo