Festival di Cannes 2011: "Arirang" la confessione di un cineasta
Con "
Bow" ("
L’Arco") il geniale regista coreano
KIM Ki-Duk aveva inaugurato l’edizione del 2005 di
Un Certain Regard, sorprendendo per la storia singolare e per il suo modo diretto di filmare. A 6 anni di distanza
KIM Ki-Duk ritorna nella stessa sezione, dopo essere sparito dal mondo del cinema per 3 anni e lo fa in modo magistrale con una confessione della sua esistenza filmata con camera digitale. "
Arirang", titolo del lungometraggio vuol dire “
conosci te stesso”, ma è anche il titolo della canzone che il regista non solo illustra, ma canta mentre le lacrime scorrono sul suo volto da eremita. Per un’ora e quaranta minuti con moltissimi piani fissi il regista di "
Primavera, estate, autunno, inverno", presentato al Festival di Locarno nel 2003, scandaglia il proprio animo confessandosi alla propria ombra e al suo pubblico. Le sue sono parole che unite intimamente alle scarne ed essenziali immagini colpiscono lo spettatore come le frecce del suo film L’arco e lo costringono a partecipare alle sue pene, agli sfoghi d’ira ai suoi smarrimenti.
L’habitat nel quale
KIM Ki-Duk vive e mette a nudo il suo animo è rustico e solitario. La tenda che lo accoglie e dove da solo passa le sue giornate è in un capannone. Gran parte degli utensili della sua casa rifugio sono stati costruiti da lui e ne è fiero in quanto sono prova palpabile della sua manualità che si associa alla sua indiscussa creatività. Là, lui è solo con la sua ombra e con il suo gatto. Nel suo sfogo, torrente di parole di sentimenti, ma con poche immagini a parte quella del suo volto, ripercorre la sua esistenza, il suo apprendistato di meccanico d’auto, la sua formazione artistica nelle arti plastiche, il numero dei suoi film: 15 in 13 anni di carriera, l’abbandono o tradimento dei suoi assistenti. Il punto del non ritorno e della grave crisi spirituale è stata causato dal grave incidente sul set di Dream, che era quasi costato la vita all’attrice principale del suo film. Dalla disgrazia era nata anche il suo silenzio filmico e la messa in discussione del suo futuro. Nella sua confessione in immagini, realista e dai toni pessimistici, coinvolgente dall’inizio alla fine, affiora però la speranza che il peggio sia passato e che il regista sia pronto a tornare al cinema e alla regia ragione principale della sua esistenza.
"
Arirang", la straziante canzone della sua vita e compendio verbale della sua confessione suona cosi:
Mandatemi al di là delle colline Arirang.
Arirang si sale e poi scende, si è tristi e poi si è gioiosi. Si è malati e poi si è felici. Si è in un modo e poi si è in un altro. Tutte le emozioni che ho provato nella vita, tutte le persone che ho incontrato facendo i miei film. Le amicizie nate facilmente e poi terminate senza rimorsi.
Le pene che crudelmente ci siamo inflitti a vicenda. Siamo coinvolti nell’amore. La passione, l’odio e il desiderio di uccidere. Tutto ciò per me è Arirang.
14/05/2011, 19:46
Martine Cristofoli