Festival di Cannes 2011: "Melancholia", un film visionario sulla
minaccia galattica e sulla distruzione di un matrimonio
Lars Von Trier, uno dei padri di "
Dogma 95", ed assiduo frequentatore del
Concorso internazionale del
Festival di Cannes era assente dalla Croisette dal 2009, quando con "
AntiChrist" aveva scioccato pubblico e critici, ma era riuscito a fare vincere a
Charlotte Gainsbourg, (figlia dell’indimenticabile Serge icone della canzone francese del dopoguerra) interprete invasata dell’allucinante lungometraggio, il premio dell’interpretazione femminile. "
Melinchonia" già dal titolo si annunciava più soft e più soft è stato. Il regista di "
Antichrist" sempre molto creativo e rigoroso nelle sue pellicole, che hanno l’innegabile pregio di sorprendere scioccare ed anche irritare, ha creato angoscia e "parossismo" con un pianeta dal nome poetico: "
Melinchonia". Il corpo celeste orbitante all’ombra del sole minaccia di distruzione la terra, ma secondo i calcoli degli scienziati, l’apocalisse non dovrebbe avvenire. L’ansia parossistica dell’attesa, orchestrata sapientemente, sconvolge l’esistenza delle due sorelle protagoniste del film: Justine (
Kirsten Dunst) e Claire (
Charlotte Gainsbourg, beniamina del regista danese) Il rimedio alla catastrofe universale c’è. La salvezza è rifugiarsi nei sogni, nelle favole.
"
Melancholia" non filma solo, in modo visionario la minaccia galattica di distruzione del nostro mondo, ma anche la distruzione del matrimonio di Justine la notte stessa delle nozze. In questo episodio già vi sono gli inquietanti presagi dell’arrivo del pianeta distruttore, però il regista, con toni molto più naturalistici analizza il microcosmo velenoso della famiglia delle due sorelle. Justine l’interprete principale, donna in carriera nel campo della pubblicità, manifesta i sintomi di una misteriosa malattia che attacca il suo corpo, ma prima ancora il suo spirito. Cerca di comunicare il suo malessere, ma non trova ascolto. L’unica che si interessa ai suoi mali è sua sorella Claire, che sembra non essere affetta da apprensioni e paure fin che all’orizzonte non si profila "
Melanchonia".
Due modi diversi di far cinema e di narrare storie ma complementari tra di loro per creare l’unità filmica di "
Melanchonia". Come preludio alla prevista catastrofe cosmica e all’apocalisse,
Lars Von Trier crea dieci minuti di immagini grandiose, liriche e angoscianti per mettere lo spettatore in media res. La morte non viene da l’ atomo ma dalle stelle.
Anche con questa pellicola, il “più grande regista moderno” come aveva lui stesso si era definito nel 2009, è riuscito a creare ancora un’opera notevole per soggetto e per modo di filmare, ma non un capolavoro.
18/05/2011, 15:20
Martine Cristofoli