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Note degli autori del film "Tutta colpa della Musica"


Note degli autori del film
La vecchiaia inizia quando si è sicuri di non essersi mai sentiti così giovani ”. (Jules Renard)

Eh sì, siamo al fatale adagio degli amori senili, o magari no, facciamo “mezza età inoltrata”, s’il vous plaît. Però, anche a voler giocare d’astuzia col rapporto fra le parole e le cose, la sostanza resta quella: le chiome incanutiscono o nel peggiore dei casi si volatilizzano, la pelle – forse stanca degli anni di splendore – comincia a rilassarsi e perdere il suo tono, i muscoli acquistano consistenze da latticino, le pance dilagano, le ossa si decalcificano (ma come si permettono?)… e tutto in barba a ogni infaticabile e coraggioso sforzo di tenere in piedi la baracca. Il corpo, diventando un beffardo e maligno aguzzino, suggerisce che è meglio fermarsi un po’ e mettersi alla finestra a guardare. Ma fosse solo questo…
Il fatto è che qui si consuma la più assurda e maledetta delle schizofrenie: il corpo va per la sua strada, e invece il cuore… Perché il desiderio, la passione, i sentimenti non possono fare a meno di rigenerarsi come un’importuna araba fenice? Perché l’amore riesce sempre a credere a una nuova vita, un nuovo tempo, nuove sfide, nuove tentazioni, nuove possibilità? E perché, seppure cerchiamo di metterlo a freno, con quel po’ di ragione che ci resta, di fargli da grillo parlante, lui in tutta risposta ci dà una buona martellata e scappa libero con le proprie illusioni?
Già, questa è la storia di un secondo amore, anzi, di vari secondi amori, che i nostri personaggi vivono con timore e con slancio, incapaci, come forse è giusto, di non travisare quello che è un incipiente crepuscolo per una nuova alba.
È la storia di Giuseppe e di Nappo, alias Napoleone, dei loro amori e del loro coro. Già, il coro. Perché, se come per “Ultrà”, “La scorta”, “Canone inverso”, “Il Padre e lo Straniero”, tutto ruota attorno all’amicizia di due uomini, proprio come per lo stesso “Canone inverso” la musica qui diventa il vero codice espressivo e narrativo delle passioni e delle peripezie dei nostri beniamini, il tappeto volante che pare sollevarli e illuderli di una nuova avventura, di una nuova giovinezza.
Giuseppe, mezzemaniche aziendale d’annata, è giunto ormai alla pensione e questa soglia si traduce per lui nella necessità di guardare negli occhi una condizione familiare infelice, dalla quale non può fare a meno di continuare a scappare. Prima si rifugiava nel lavoro. E ora?
Sarà Nappo, l’amico di tutta una vita, a fornirgli una nuova possibilità di fuga. Lo trova un giorno mestamente assiso su una panchina, in una sorta di precoce training per la vecchiaia, e lo porta via con sé. Lo porta al suo coro. Napoleone, infatti, oltre che un classico dongiovanni di provincia, smargiasso e vitalista impenitente, è anche un accanito melomane e anni fa ha fondato un suo coro. Qui Giuseppe, ad un’età improbabile, dopo una vita passata a sentire solo rumori di fabbrica e stridori di lamentele uxorali, vive una vera e propria scoperta della musica. Una scoperta inaspettata, magica, che lo rapisce come un sortilegio. Certo, a ciò contribuisce anche il fatto che nel coro Giuseppe ritrova qualcosa che pensava di aver sepolto definitivamente in anni e anni di noia e routine: l’amore.
Giuseppe s’innamora di Elisa, il soprano del gruppo. Elisa, inizialmente perplessa nei confronti del simpatico orecchiante che si è appena unito al coro, a un certo punto non può fare a meno di lasciarsi trascinare dai sentimenti dell’altro. Sembrerebbe facile, ma l’amore a una certa età è un fenomeno complicato, ognuno si porta sulle spalle tutto il bagaglio di una vita. E qui il problema non è tanto Giuseppe, che con Grazia, la moglie, da parecchio vive da separato in casa. Anche Elisa è sposata, e con un uomo che ama ancora; il marito, però, gravemente invalido, giace da tempo su un letto, in uno stato vegetativo che non è più vita e non è ancora morte. Elisa ha scelto di occuparsi del consorte, di dedicarsi completamente a lui e ai figli. Al coro ci va per dimenticare, dimenticare il dolore, se stessa, il proprio bisogno di amare, la necessità di andare avanti… Ma Giuseppe irrompe nella sua vita, risveglia sentimenti coi quali lei non vorrebbe più avere a che fare, e mette in crisi la fragile quotidianità con la quale Elisa tiene in piedi la propria esistenza e la propria famiglia. La mette di fronte a difficili, impossibili scelte.
Ma questa non è solo la storia di Giuseppe e di Elisa. È anche la storia di Nappo, che in una sorta di nascondino con il tempo ha sempre preferito all’amore le avventure seriali. Si muove ancora per la provincia come il gran gallo dei bei tempi, ma, anche se lui fa finta di non accorgersene, la vita comincia a presentargli il conto. E la nemesi giunge con le fattezze di Flora, una bellissima ventenne, che plana su di lui con la fatale leggerezza di un’innocente predatrice. Nappo si innamora perdutamente, non ne può fare a meno, anche se sa, o sospetta, che questo fiore di giovinezza rubato alla vita potrà costargli caro.
E la nostra è anche la storia di Patrizia, la storica ex di Nappo, l’unica che per un soffio non l’ha sottratto al suo gallismo. Lei che lo ama ancora; lei che si prende cura del suo coro, del quale è divenuta una sorta di sarcastica vestale; lei che, comunque sia, per quanto tradita e trascurata, corre sempre in suo soccorso. Lo salverà anche questa volta?
E non dimentichiamoci il coro. La nostra storia è soprattutto il nostro coro, cioè Ippolito, il direttore d’orchestra che solo per il suo giovane amore, Gavino, è davvero un Maestro, e poi Renza, Fiamma, Mazzinghi, Antonio, Rolando… e non scordiamo Chiara, la figlia di Giuseppe, Amelia, la nonna, la coriacea Grazia, Marcello, Adrian, Ivan… Non ne dovrebbe lasciare per strada neppure uno la nostra storia, che vorrebbe proprio essere un coro, una ronde, una catena di uomini e donne, che, sospinti dall’incanto di un’aria di Bellini, ci dicono che l’amore – per quanto sia crudele l’anagrafe  è davvero la forza che muove tutte le cose.

31/07/2011, 10:35