Note di regia del film "La Penna di Hemingway"
Attraverso la metafora della penna, il cortometraggio vuole dare un assaggio della fragilità della memoria e l'idea che la storia di un luogo si tramanda soprattutto attraverso le vicende dei singoli. Il corto ci proietta in un’ottica di confronto tra due mondi agli antipodi, rappresentati dalla donna in carriera, Claudia, da una parte, e dal borderline Samuel assieme all’ “oste burbero” dall’altra. Ciò viene amplificato dalla dialettica che si instaura tra l’oste e Samuel, riguardo alla “proprietà” della penna.
E’ interessante mettere a confronto una donna con due uomini così simili tra loro, e così diversi da lei. Due uomini che rappresentano l’ultimo legame, sebbene indiretto e doloroso, con la famiglia ed il luogo di origine. Ma ancora più interessante è la metamorfosi di Claudia, la sua rigidità e sicurezza apparente che diventa fragilità, intima e reale, con le scoperte che fa e di cui la penna si fa tramite. Claudia viene sedotta dalla penna e da Samuel, ma soprattutto dalla memoria.
“Le cose ci rendono dipendenti e fragili”, con questo fatalismo la protagonista si pone di fronte al suo fallimento. Un altro tema portante riguarda infatti l’incapacità di resistere alla seduzione degli oggetti. La penna quindi, non solo è il “medium” che determina e al tempo stesso rivela alla protagonista le sue origini ed il suo fato, ma anche il simbolo per il rapporto della protagonista con le cose e con gli uomini (Samuel, l’oste, ma anche il defunto padre).
La località, un non-luogo a tutti gli effetti, e la penna-oggetto del desiderio diventano così gli espedienti perfetti per un dramma tinto di noir, con alcuni elementi lasciati in sospeso. Il tutto ci lascia una porta aperta nel finale, come se il cortometraggio non fosse altro che uno studio, una presentazione per qualcosa di più ampio.
Renzo Carbonera