Le "buoni prassi" di Riace in "Il Paese
dei Bronzi" di Vincenzo Caricari
Vincenzo Caricari torna al
ViaEmiliaDocFest con un nuovo lavoro legato al territorio della Locride, "
Il paese dei bronzi".
Il film racconta la storia di Riace, il paesino famoso per il ritrovamento dei Bronzi, rinato a fine anni ’90 grazie agli immigrati. Nel 1998 a Riace approda un barcone con 300 curdi. Da allora è in atto un progetto di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo, promosso e ideato dal sindaco controcorrente Mimmo Lucano, che sta facendo rivivere il vecchio borgo, spopolato dall’emigrazione. Un esempio di politiche di integrazione e di accoglienza unico nell’Italia di oggi.
Il mondo del web, la multimedialità e le nuove tecnologie influiscono sul tuo modo di creare film? E se sì, come?
Vincenzo Caricari: Il web ormai è una risorsa indispensabile come accaparramento di informazioni e punti di vista. Quindi dopo la scrittura del soggetto diventa inevitabile non affidarsi al web. Questo influisce sia prima che dopo. Ma non è il perno centrale: al centro è la realta a prendere il sopravvento. La multimedialità ritorna poi come mezzo di diffusione.
Credi che il web possa essere decisivo nella diffusione del cinema documentario?
Vincenzo Caricari: Penso che il web aiuti tantissimo il genere, altrimenti consumato solo in festival circoscritti. E’ decisivo nel momento in cui un film risulta difficilmente visibile e raggiungibile in sala, soprattutto da parte di quella categoria di persone distratte dai media. L’anno scorso e quest’anno ho notato che i miei film sono stati visti, sul web, da persone che mai sarebbero venute al cinema o in un festival a vederli. Praticamente se Maometto non va alla montagna... Per questo ritengo sia essenziale che continui e si evolva questa nuova strada. Per esempio speravo quest’anno in un cambiamento del metodo di voto, cioè votare solo dopo aver visto il film, altrimenti si rischia di cadere nell’effetto Miss Italia o Grande Fratello.
Perché hai scelto di raccontare questa storia attraverso il documentario?
Vincenzo Caricari: Avevo sentito che a Riace stava accadendo qualcosa che andava in controtendenza a ciò che succedeva nel Paese. Mi sono avvicinato a questa realtà per indagare e ho notato che decine e decine di giornalisti e reporter cercavano di esportarla fuori, come buon esempio di accoglienza e integrazione. Notando, però, anche il loro limite: pezzi piccoli, reportage di pochi minuti, la loro permanenza a Riace duarava un paio di giorni, ecc. Decido quindi che tutto quello doveva essere raccontato per bene, in modo integrale, approfondito. Era un peccato relegarlo a ‘notizia interessante’.
Per la seconda volta al festival con una storia legata al tuo paese d’origine. Quanto conta il territorio dove sei nato e cresciuto nei tuoi lavori?
Vincenzo Caricari: Praticamente tutto. La mia esigenza di fare cinema nasce dall’esigenza di raccontare il mio territorio, le negatività e le cose positive. Rappresento uno di quelli che vogliono, attraverso il proprio lavoro, dare un contributo alla propria terra, affinche ci si svegli dal torpore, dalla rassegnazione e dal ricatto mafioso. I miei lavori sono figli di lotte, sono opere di militanza volte a raggiungere uno scopo politico-sociale.
Tre cose per invogliare il pubblico a guardare il tuo doc e votarlo...
Vincenzo Caricari: - La Calabria, da sempre, viene raccontata in modo superficiale e distratto da ogni tipo di media: questa è un’occasione per andare più a fondo, alla ricerca della verità pura, andando oltre l’intrattenimento e lo stereotipo;
-E’ divertente vedere un maestro come Wim Wenders ballare la tarantella...
-Votarlo per farlo continuare a vivere. Ma votarlo dopo averlo visto però...
10/10/2011, 13:58