Fondazione Fare Cinema
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"This Must be the Place", parla Eve Hewson


Chi è Mary?
E’ una dark sedicenne, la miglior amica di Cheyenne. E’ un’anima ombrosa e difficile da capire. Ha alle spalle una famiglia distrutta: suo fratello se n’è andato e sua madre è impazzita e si è praticamente scordata di lei. Cheyenne la accoglie e se ne prende cura. Sono amici e insieme formano una specie di tribù. Lei è una sua fan sfegatata. Si confidano uno con l’altra e lui conosce tutti i suoi segreti.

Quando lui parte le dice perché?
Quando lui se ne va, lei sa solo che suo padre sta morendo. Pensa che lui vada e torni. Poi, dopo un po’, visto che lui non torna, pensa che lui l’abbia abbandonata, proprio come suo fratello.

Qual è stata la tua impressione sul personaggio? Quanto hai dovuto lavorare per metterti nei panni di Mary?
La sceneggiatura è molto precisa e particolareggiata. E’ stato facile dar vita al personaggio, visto che tutte le sfumature sono già presenti nel testo. Si tratta però di una personalità molto complessa e avevo delle scene da interpretare molto dure. Sapevo che ci avrei messo un po’ ad entrarci dentro completamente e a capire da dove venisse tutto quel dolore. Mi ha aiutato molto la musica. Ho ascoltato i Cure e i Talking Heads. I testi delle loro canzoni mi hanno aiutato a capire quello che Mary potesse provare e pensare.

Immagino che nella vita reale il tuo look sia un po’ diverso…
Effettivamente: mi hanno tinto i capelli e mi hanno messo delle extension, mi hanno riempito di anelli e mi hanno messo vestiti attillati e pieni di strappi e di buchi, ma qualche volta mi vesto così anche nella vita reale! L’abbigliamento, i capelli e il trucco possono aiutarti molto a definire il personaggio. Mi hanno aiutato a sentirmi più ombrosa e introversa, come una persona abituata a mettere delle barriere tra sé e gli altri. Non avrei potuto sentirmi Mary fino in fondo se mi fossi tenuta addosso i miei vestiti.

Com’è stato lavorare con Paolo Sorrentino?
Ho visto Il Divo, che è un film molto potente. Tutto sembra molto teso e preciso e la cosa mi spaventava e mi faceva pensare che lavorare con Paolo sarebbe stato difficile.E invece è la persona più gentile che abbia mai incontrato. Il set è molto tranquillo perché lui sa esattamente quello che vuole e fa le cose con calma. Non c’è mai confusione o tensione. Ha sempre tutto sotto controllo. E questo è una specie di dono.

E con Sean Penn?
Ho incontrato Sean Penn per la prima volta durante la pre-produzione. Ero molto intimidita, per la sua esperienza e per il fatto che è straordinariamente bravo. Non ero sicura di come queste cose si riflettessero nella vita reale. Ma lui è stato fantastico e molto amichevole. Vuole solo lasciarsi andare. E’ stato meraviglioso e lavorando con lui si impara moltissimo.

Vuoi parlarci di Frances McDormand e del suo personaggio nel film?
Frances interpreta Jane, la moglie di Cheyenne. Insieme si prendono cura di me e lei rappresenta l’unico riferimento femminile positivo della mia vita. Adora il rapporto che ho con Cheyenne,
sostiene la nostra amicizia e, con un suo modo un po’ bizzarro, si prende cura di me. Frances e Sean lavorano in modo molto diverso, perciò è stato interessante vederli recitare insieme sul set.
Sei coinvolta soprattutto nella parte del film che si svolge a Dublino. Come è andata?
Sono cresciuta a Dublino. Mi sono trasferita a New York per la scuola e poi mi sono trasferita di nuovo a Los Angeles. Ora sono tornata a Dublino per girare un film. E’ stato decisamente confortante, perché lì mi sento a casa e questo mi ha aiutato a sentirmi a mio agio sul set.

Prima di girare il film sapevi già usare uno skateboard?
Non ero mai andata su uno skate prima. Ho detto una piccola, innocente bugia ai provini quando Paolo mi ha chiesto se sapevo usarlo e io ho risposto: “Certo! E’ facile”, cosa questa assolutamente non vera!
Così hanno dovuto procurarmi un istruttore che ha lavorato con me per una quindicina di giorni, cercando di insegnarmi qualche trucchetto e farmi sentire a mio agio con la tavola. All’inizio ero un po’ traballante. Portavo il casco e sembravo una tartaruga che se ne va in giro per Central Park. Era molto imbarazzante. Ma alla fine sono arrivata a togliermi imbottiture e protezioni e adesso riesco ad andare su uno skateboard abbastanza bene.

Come descriveresti questo film?
Non penso che si possa etichettare. E’ drammatico, ma ci sono anche molte cose divertenti.E’ particolare e straordinario…

10/10/2011, 14:22