Note di regia di "Inshallah. Il viaggio di Mohamed Alì"
Mi trovavo a Bari. Me ne stavo tranquillo a bere una birra fuori dal solito locale quando vidi arrivare tre ragazzi. Li avevo conosciuti qualche tempo prima. Ma le loro facce erano diverse dal solito. Diverse da quelle di tutti gli altri lì intorno:erano appena tornati dalla tendopoli di Manduria. Mi è bastato ascoltare qualche parola dei loro racconti per essere assalito da un senso di inquietudine. La mattina dopo sono partito per Manduria con alcuni di loro. La mia regione, la Puglia, grande molo del mediterraneo, tornava ad essere approdo di migliaia di persone in cerca di un futuro migliore, così come era stato per gli albanesi quando ero ancora un bambino. Ed io volevo guardarli in faccia quei “clandestini”. Gli stessi ragazzi che fino a poche settimane prima erano stati acclamati a gran voce per aver liberato il proprio Paese dalla dittatura e che adesso, dopo averlo abbandonato a rischio della vita, venivano dipinti come una grave minaccia da respingere. Rinchiusi dentro le recinzioni di un enorme tendopoli il loro sguardo si incrociò da lontano con il mio. La loro angoscia mi raggiunse, la loro impotenza mi rivelò la mia. E'stato allora che ho incominciato a camminare sconsolato lungo un sentiero di campagna, fino ad arrivare ad un piccolo rudere abbandonato. Ed è stato lì che ho incontrato Dalì, di pochi anni più piccolo di me, con il terrore dipinto sul volto. Mi è bastato poco per decidere che avrei raccontato la sua storia, e attraverso di lui quella di tutti gli altri tunisini. E mi è bastato poco per decidere che l'avrei portato via di lì, e che il suo viaggio alla ricerca della libertà sarebbe diventato anche il mio.
Antonio Laforgia