Note di regia del documentario "Mother India"
Due anni fa ho affittato una stanza nella pensione che sta di fianco alla clinica per la fertilitą della dott.ssa Rama ad Hyderabad, capitale indiana dell'industria medica e farmaceutica, in pieno boom grazie all'enorme business della fecondazione assistita. Ho iniziato a passare molte delle mie giornate nella clinica. Ho conosciuto le dottoresse, le infermiere, gli investitori, le madri surrogate, e, poco per volta, ho iniziato a conoscere i clienti: coppie indiane senza figli nel disperato tentativo di rompere la "maledizione" della loro infertilitą. L'universale bisogno di maternitą, si andava mostrando qui in tutta la sua crudezza. Il rapporto tra maternitą e societą si svelava senza ipocrisie in tutte le sue contraddizioni, il potere del denaro in tutta la sua brutalitą. Decisi di seguire una coppia di indiani, nel loro dramma, nei loro tentativi, nelle loro preghiere, nei loro viaggi. Nessuno era disponibile, il forte stigma sociale impediva alle donne sposate senza figli di mettere a nudo il loro dolore. Ci ho messo pił di un anno, e finalmente ho conosciuto Jhuma e Niladri, proprio quando stavano programmando il viaggio della speranza nella sanitą di Hyderbad. Sono grato a loro per aver capito le mie intenzioni, per avermi permesso di seguirli da vicino, per avermi portato dal dio Balarama, nato grazie ad un impianto di embrione. Sono grato alle donne indiane povere e ricchissime per avermi permesso di vedere con i loro occhi lo sviluppo e le contraddizioni del paese pił moderno e pił antico di tutti. Dove specchiarci senza filtri mettendo a nudo le nostre stesse contraddizioni.
Raffaele Brunetti