Rifugiati in cerca di un'"Altra Europa"
Nel novembre del 2008
circa 300 rifugiati somali e sudanesi occupano una vecchia clinica abbandonata in uno storico quartiere operaio di Torino.
Le condizioni di vita lì sono al limite dell'umano, ma sempre meglio di quelle in strada: dopo alcuni mesi, le autorità cittadine decidono di spostare quelle persone in una ex-caserma militare, in cui però sarebbero stati costretti a un controllo rigido e a regole severe.
Che fare?
"Altra Europa" di Rossella Schillaci documenta questo
difficile momento di passaggio, concentrandosi in particolare su alcune storie - quelle di
Khaled, Shukry e Alì - e svelando uno dei controsensi della legislazione europea in materia: secondo il
regolamento di Dublino, infatti, ogni rifugiato è "proprietà" del paese in cui vengono prese le sue impronte.
Se decide di andare a vivere altrove - e molti dei protagonisti ci hanno provato - vengono rispediti in Italia, in cui però non ci sono né i mezzi né (forse) la volontà di aiutarli.
La telecamera di Rossella Schillaci entra nella ex-clinica con rispetto e delicatezza, incontra gli sguardi dei suoi protagonisti e li osserva nella loro quotidianità, fatta di preghiera, ricerche di lavoro, pulizie di gruppo e tentativi di convivenza.
Sono tanti a vivere in quella struttura, etiopi, somali e sudanesi, e le condizioni di vita per loro non sono semplici. Ma
è raro non vedere sul loro viso un sorriso, nonostante tutto.
"Altra Europa" ha
il pregio raro di non giudicare e di non schierarsi: difficile vedere un documentario di questo tipo che non sia (anche) una dichiarazione politica. Rossella Schillaci invece riesce nell'impresa, regalando allo spettatore un quadro obiettivo e completo di ciò che avvenne.
Alla fine la clinica venne svuotata, e quelle famiglie spostate in parte nella caserma e in parte altrove. E poi altrove. E poi ancora altrove.
08/03/2012, 09:27
Carlo Griseri