DIAZ - Un segno pesante, difficile da cancellare
Non stiamo qui a fare il riassunto dei fatti del G8 di Genova nel 2001 e della scuola Diaz; parliamo del film.
"
Diaz" è un film di finzione di
Daniele Vicari che ricostruisce, dai diversi punti di vista, il prima, il durante e il dopo dell'assalto delle forze di polizia al complesso scolastico sede del media center del Genoa Social Forum e luogo di ospitalità per molti manifestanti.
Si comincia con il miglior attore italiano del momento,
Elio Germano che, seduto davanti al computer della sua redazione di Bologna, decide di partire per Genova e seguire i fatti del G8 dal vivo. L'idea che si ha è quella di poter seguire la storia attraverso i suoi occhi, ma non è così, Germano è solo uno dei personaggi che lentamente e casualmente si avvicinano al momento della violenta irruzione, rimanendo vittima immotivata dei manganelli della polizia.
Elio Germano, lo perdiamo subito; lo vediamo in azione per, al massimo, 5 minuti; fa due foto ai manifestanti, assiste a una sfilata e poco altro. Fin quando si trova a dormire nella Diaz e viene manganellato dai celerini, trasportato in Ospedale e ricoverato. Detta così sembra una bella parte, ma in realtà il tutto è diluito in 120 minuti di film. Peccato.
Chi c'è, è invece
Claudio Santamaria, comandante di un reparto di celere, il primo e unico che si fa degli scrupoli ad attaccare dei manifestanti indifesi e che riesce a fermare i pestaggi nella scuola prima che sia troppo tardi. Il suo personaggio non ci sta, percepisce l'ingiustizia, la comunica ma niente può contro il meccanismo gerarchico e l'esigenza di conservare il lavoro. Credibile e misurato.
"
Diaz", è la versione ampliata e ricostruita con attori di "
Black Block", il documentario di
Carlo Bachschmist presentato a
Venezia 2011 e prodotto dalla stessa
Fandango. I personaggi principali sono le stesse vittime che nel documentario raccontano in prima persona gli eventi; qui li interpretano, con l'aggiunta dell' "altra parte", quella polizia che trama per rendere credibile ogni follia e lecita ogni azione arbitraria e illegale. Quello che manca, o è solo accennata, è una storia, un filo rosso che porti dall'inizio alla fine, che mostri anche mille tra personaggi ed eventi, ma che sia unico e appassionante. Il film prende la pancia (e non è poco) ma non il cuore. Ognuno dei tanti personaggi è solo accennato e, forse volontariamente, diventa una piccola parte della tragedia, genere che spesso però, non a caso, ha per titolo il nome del protagonista.
Daniele Vicari riesce a ricostruire con bravura le vicende, raccontandole in maniera vivace e movimentata. Le scene di massa e d'azione sono, come gli interpreti, credibili e riescono a colpire allo stomaco e questo, forse, ferma ogni riflessione immediata. Sciolti i crampi e l'indignazione, ci si ferma a valutare il film e ne emerge che è la sceneggiatura (scritta dalla produttrice
Laura Paolucci con il regista) a non andare oltre il fatto di cronaca colorato, agli atti processuali e alle testimonianze, a non convincere. Troppe porte si aprono senza che dietro o in fondo vi sia nulla. Si comincia sul giornalista di
Elio Germano e lo si perde; si finisce su una delle ragazze tedesche del media center, arrestata e torturata alla
Bolzaneto; una delle tante alla Diaz (ma la stessa del documentario
Black Block) senza una particolare storia alle spalle tranne quella di essere una vittima innocente. Come tutti gli altri.
31/03/2012, 10:33
Stefano Amadio