Libro/film: "E' stato il figlio", una grottesca storia di soldi
E' un giallo sui generis "E' stato il figlio" di Roberto Alajmo, storia di un figlio che uccide con due colpi di pistola il proprio padre a causa di un incidente con la macchina. Daniele Ciprì lo ha scelto per il suo esordio registico in solitario, ma
il suo impatto con una storia insolita - che sulla carta sembrava il più indovinato possibile - a conti fatti risulta un po' farraginoso.
Il regista decide di cambiare l'impostazione del racconto, facendo
scomparire l'esordio fulminante con la polizia che arriva a casa Ciraulo e cerca di ricostruire i fatti (anzi, fa' scomparire proprio del tutto la polizia!).
Ciprì aggiunge un narratore esterno (il bravo
Alfredo Castro, che permette anche qualche aggiunta indovinata alla storia) e mette
da subito sotto i riflettori il personaggio del cugino Masino, che invece Alajmo faceva scoprire a poco a poco, rendendolo poi - soprattutto - molto più protagonista degli eventi (e "artefice", in qualche modo, dei vari destini).
La figura che
nel passaggio dal libro al film "perde" di più, se così si può dire, è sicuramente quella centrale del "figlio", qui insipido e totalmente vittima degli accadimenti, oltre che senza una vita propria (mentre sulla pagina scritta aveva una fidanzata, una storia personale e anche sue idee!).
Daniele Ciprì, come giusto e prevedibile viste le sue opere precedenti,
accentua il carattere grottesco della vicenda (la figura dell'avvocato, per esempio, è aggiunta da lui), con un Toni Servillo sempre bravo ma forse troppo gigione.
Il regista riesce a rendere (solo in parte, ma era impresa assai ardua) abbastanza bene la scena della morte nel piazzale (senza fare troppe anticipazioni), ma
elimina un po' a sorpresa le tante pagine dell'insediamento di fronte alla prefettura, che tanti spunti avrebbero potuto dare.
L'episodio chiave dell'incidente alla macchina, poi, è molto modificato - forse per semplificare la narrazione - ma così risulta
un po' troppo forzato (la scena del cinema, aggiunta in sceneggiatura, non serve ad altro che a peggiorare la figura del figlio...).
In generale
il racconto cinematografico perde in ritmo, ma l'impressione è che sia stata (giusta o meno) una precisa scelta del suo autore.02/09/2012, 10:30
Carlo Griseri