Note di produzione de "L'Eredità di Caino"
L'eredità di Caino è un progetto nato 6 anni fa. Il punto di partenza è stato il romanzo di Leopold von Sacher-Masoch Venere in pelliccia.
Autoprodotto e autofinanziato non rispetta alcuna delle regole/limiti dell'industria cinematografica internazionale, ma respira di un alito primitivo che è la sua colonna di sostegno.
Sebastiano Montresor ha curato la fase di casting andando in giro per l’Italia alla ricerca degli attori idonei ad affrontare un progetto apparentemente tanto folle.
Nel 2003 è avvenuto il primo incontro con Filippo Timi. Lui come altri ha accettato di partecipare attratto dalla visionarietà del plot, dalla extra-ordinarietà delle modalità realizzative, dall’indipendenza dalle regole di mercato e dalla luce che aveva visto negli occhi di Sebastiano.
Il set è stato allestito all'interno di uno spazio dismesso in una sperduta zona indu-striale della bassa veronese.
Il cinema è arrivato dove non sarebbe mai potuto arrivare e un luogo inerte si è trasformato in un contenitore di emozioni.
Le riprese sono iniziate il 2 giugno del 2004.
Il cast e la troupe al completo dormivano all’interno di una villa in affitto a poche centinaia di metri dal set. Le condizioni di vita e di lavoro in spazi molto limitati, il caldo torrido con il 90% di umidità, i proiettori ad incandescenza, il capannone con le volte basse combinati con l’isolamento hanno portato troupe e cast a un livello di intimità estremamente elevato.
Queste condizioni sono state fondamentali per la realizzazione e la riuscita del progetto.
Il bisogno primario delle cinque settimane di ripresa era quello di girare con una forza tale da toccare le corde più sensibili di ciascuno. Fin dalle fasi iniziali il film ha preteso la massima concentrazione e immersione da parte di tutta la troupe.
Ciascuno dei partecipanti è stato indispensabile, insostituibile e “multifunzionale”.
Ci siamo immersi e mano a mano che veniva a mancare la luce sentivamo più pressante il bisogno di fare catena tra noi; dove non era più possibile vedere procedevamo a tentoni, ma con la consapevolezza che era la strada giusta e che dovevamo scendere ancora più in profondità.
Il livello di apnea raggiunto variava da persona a persona, diventando indice di professionalità. A sorpresa non i più preparati, ma i più sensibili si sono rivelati il motore del film.
La postproduzione è durata 3 anni. Il materiale girato era un blocco di marmo di 110 ore. Una costruzione disabitata da 30 anni è diventata casa e laboratorio. Parti di scenografia hanno recuperato la loro funzione originaria e sono ritornate stanze da letto. A gennaio era pronto un premontato di 3 ore. Il montaggio è proseguito un anno intero per tagliare, smussare, pulire e rivelare i nessi profondi che dall’inizio avevamo sentito pulsare.
La postproduzione è terminata nel 2006.
Noi non abbiamo fatto altro che inseguire e dare un nome a quella pulsazione.