IN NOME DELLA LEGGE - La giustizia nel cinema italiano
In Italia
non esiste una vera e propria filmografia di "courtroom film", quei film di ambientazione processuale tanto soliti nel cinema (e ancor più nella serialità televisiva) statunitense: parte da questa considerazione, posta nell'introduzione dello stesso autore, il volume pubblicato da Rubbettino dal titolo
"In Nome della Legge - La Giustizia nel Cinema Italiano" realizzato da Guido Vitiello.
Ricordando il processo a
Enzo Tortora, Vitiello - docente alla Sapienza di Roma - ricorda come il celebre presentatore, all'inizio del suo percorso processuale, ebbe a dire che sarebbero stati da proibire, ironicamente, "i telefilm di Perry Mason, perché lo spettatore rischiava di farsi un'idea del tutto irreale della giustizia".
Il "viaggio" nella storia del nostro cinema in questa ottica è intrigante, l'autore lo affronta dal punto di vista dei generi (la commedia è probabilmente quella che più si è "addentrata" nelle nostre aule giudiziarie), analizzando specifici film (mettendo a confronto, ad esempio, "In nome del popolo italiano" e "Detenuto in attesa di giudizio"), affrontando la carriera dell'unico autore davvero impegnato in questo senso (
Damiano Damiani) e cercando di rispondere ad alcune semplici - ma basilari - domande di merito:
che caratteristiche ha il nostro cinema giudiziario? In che modo ha fatto i conti con le evoluzioni del rito processuale, della figura pubblica del magistrato, dei rapporti tra giustizia e società? Com'è cambiata la rappresentazione del mondo della legge e dei suoi protagonisti - giudici, avvocati, imputati?
Una curiosità: tra i film citati realizzati dal 2000 a oggi sono presenti
"Convitto Falcone", "Gomorra", "I Cento Passi", "Il Caimano", "Il Divo", "Il Fantasma di Corleone", "In un Altro Paese" e "Placido Rizzotto".25/02/2013, 13:00
Carlo Griseri