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BFM 31 - Andrea Zambelli: "Lucio Buzzanca, uomo non comune"


BFM 31 - Andrea Zambelli:
L'uomo che corre
Presentato in anteprima il nuovo lavoro del regista bergamasco Andrea Zambelli “L’uomo che corre”.
La storia singolare di Lucio Buzzanca, atleta estremo e definito un po’ “pazzo” che pratica la corsa, nello specifico la maratona, come mezzo per arrivare alla conoscenza di sé. Abbiamo fatto due chiacchere con il regista con l’intenzione di farci spiegare prima di tutto le motivazioni che l’hanno portato a concretizzare un progetto di questo tipo.

Perché realizzare questo film?
Innanzitutto gli ultimi film realizzati avevano preso spunto da situazioni di gruppi o movimenti. Avevo voglia di concentrarmi su una sola persona e Lucio mi ha calamitato subito l’attenzione. Poteva essere, e lo è stato, un personaggio sì al limite ed estremo ma le sue motivazioni e la passione per la corsa mi hanno portato a tessere un legame di unione tra noi. In fondo quello che rappresenta per lui la corsa è quello che è rappresentato per me dal cinema. Stessa tenacia, stessa fatica e stessa consapevolezza nel cercare di ritrovare sé stessi.

Quali sono state le maggiori difficoltà nel coinvolgere Lucio a realizzare questo film?
Sicuramente è stato l’inizio, quando Lucio non riusciva a capire cosa avevo intenzione di fare ed aveva molte difficoltà a farsi riprendere dalla camera. Aveva paura di essere rappresentato come un “fenomeno da baraccone”, cosa che non era neanche lontanamente da me pensata. In effetti si parla di un muratore bergamasco che dopo 4 ore di lavoro utilizza l’intervallo per allenarsi, poi fa altre 4 ore di lavoro e finita la giornata ricomincia ad allenarsi. Ha sempre rifiutato gli sponsors e ha come “amuleto” una bandiera di Che Guevara che lo accompagna ad ogni gara. E’ un tipo non comune.

E per te quali sono state le maggiori difficoltà nel seguire Lucio nella ultramaratona internazionale di Atene?
E’ stato un lavoro veramente massacrante ma questa è la mia metodologia di fare cinema. Sono stato 24 ore sempre con lui, abbiamo condiviso tutto e quindi sono entrato veramente in contatto con il suo microcosmo. E’ la cosa che faccio ogni volta quando realizzo un film o un documentario, vivo le stesse giornate e momenti con i protagonisti e per me questo è fondamentale per rappresentare ed imprimere sulla pellicola la realtà. Questa è la mia linfa vitale per continuare a fare cinema ed annullare la distanza tra il regista e il protagonista.

Perché la gente dovrebbe vedere questo film?
E’ un film da vedere perché smonta tutti i dubbi e le facili interpretazioni che siamo soliti ad accettare sulle cose che succedono nel nostro piccolo mondo. Penso che se ci fermiamo alle apparenze, la prima domanda che ci poniamo è: "Un uomo che percorre più di 1.000 km cosa guadagna?". E la prima risposta, sapendo che non ha sponsors e che pratica lo sport in modo estremo e maniacale, potrebbe essere: "Ma è “matto”?",
Invece Lucio ci risponde che prima di tutto lui và a piedi e non inquina, non si fà manipolare da nessuno, pratica lo sport come passione e utilizza lo stesso sport come messaggio sociale per il raggiungimento della propria conoscenza, ricordandoci che l’uomo, se è realista, deve esigere l’impossibile.

Stai lavorando a qualcosa di nuovo?
Sono in fase di montaggio dell’ultimo lavoro realizzato in Palestina tramite reti di solidarietà, è chiamato il “cinema dal basso”. Le riprese sono durate circa un mese e mezzo. Si descrive una “giornata tipo” , dalle luci dell’alba al tramonto, della popolazione. E’ una cosa nuova per me perchè la produzione del film è in cooperazione con altri 4 registi. Il vantaggio è stato di conoscere bene tutti gli altri registi e quindi il lavoro che stiamo ultimando è un ottimo risultato di un affiatato team che ha fatto squadra unendo le competenze.

12/03/2013, 08:00

Luca Corbellini