Note di regia di "The Age of Kommunalki"
Premesso che la Russia è un paese che mi affascina parecchio e nel quale ho viaggiato parecchie volte, l’idea di questo film nasce sostanzialmente da due momenti ben separati. Il primo è stato piuttosto casuale: la visita del kommunalka in cui Elena è cresciuta. Mi sono sentito davvero colpito visivamente dalla particolarità di quel luogo e dalle modalità in cui la vita si svolgeva al suo interno. Il secondo, invece, è stato a Milano. Ricordo che avevamo bisogno di chiedere un piccolo favore ad uno dei vicini del condominio in cui Elena viveva. Dopo aver suonato diverse volte ai campanelli degli appartamenti che davano sullo stesso pianerottolo, abbiamo tristemente constatato come le persone non avessero voglia di aprire la porta per quantomeno capire cosa spingesse un vicino, a loro ben noto, a suonare ripetutamente il campanello. Quell’episodio mi aveva davvero colpito nella sua banale, purtroppo, normalità. Ricollegandomi mentalmente a quanto visto precedentemente in Russia, è nato in me l’interesse di indagare sul concetto di distanza, privacy e rapporti umani in due realtà cosi diverse nel tentativo di capire cosa stesse succedendo nel mondo tra le persone e quale fosse la posizione, per cosi dire, giusta nei rapporti umani. I kommunalki, come vedrete, possono nascondere di tutto al loro interno. Per come sono nati e stati concepiti, non possono non essere considerati come una violenza ed un imposizione. Le condizioni di questi palazzi ovviamente non potevano che accrescere le problematiche di vita e i conflitti quotidiani. In quello che può essere etichettato come un esperienza da incubo da un occhio europeo, io ho trovato molta umanità e molti aspetti positivi di cui sento davvero la mancanza nella mia vita quotidiana. Per quanto persone diverse per estrazione sociale ed età non siano fatte per vivere forzatamente insieme in pochi metri quadri, io credo che allo stesso modo non siano fatte nemmeno per vivere isolate in ampi spazi. Ci sono delle cose che rappresentano delle necessità umane imprescindibili capaci di scaldarci il cuore e di aiutarci a vivere meglio. E sono cose che non si comprano con il denaro e che non si cancellano accumulando beni nei nostri appartamenti. In questo film volevo provare a parlare di queste cose che mi stanno a cuore, imparando da un paese che nasconde ancora, fortunatamente, le sue particolarità e le sue differenze rispetto al resto del mondo.
FRANCESCO CRIVARO
Per me i kommunalki non hanno mai rappresentato niente di straordinario. Sono cresciuta in questa tipologia di appartamenti così come quasi tutti i miei amici e i miei cari. Realizzare questo documentario è stato, inizialmente, come un profondo viaggio nella memoria e nei ricordi di quei tempi ai quali si è gradualmente abbinata una nuova visione frutto di uno sguardo più esterno e distaccato dalle emozioni. I ricordi, i suoni e molti dettagli della mia infanzia, si sono uniti con le impressioni di chi ancora ci vive, con il mio background di architetto e urbanista, e il punto di vista e la sensibilità di un film maker europeo come Francesco. Questo interessante mosaico ha contribuito a formare una visione più profonda sui kommunalki, che rappresentano ancora oggi un affresco assolutamente eterogeneo della quotidianità di chi ha sperimentato, in prima persona, il tentativo di messa in pratica di un idea utopica.
ELENA ALEXANDROVA