UN GIORNO DEVI ANDARE - Un viaggio alla ricerca di se stessi
Chi ha avuto modo di vedere "
Il vento fa il suo giro" e "
L'uomo che verrà", sa bene che quello di
Giorgio Diritti è un cinema in cui parole e silenzi valgono più di qualunque azione. Un cinema che non rimane semplicemente ancorato sul grande schermo, ma che richiede allo spettatore una continua partecipazione emotiva, che necessita di essere vissuto.
E proprio in questa direzione si muove "
Un giorno devi andare", il nuovo film del regista bolognese in uscita nelle sale il 28 marzo in un centinaio di copie, dopo aver già ottenuto un ottimo riscontro al "Sundance Film Festival".
In seguito alla scomparsa prematura del figlio, la giovane Augusta parte per un viaggio alla ricerca di se stessa, che la porta prima sulle acque dell'Amazzonia in compagnia di una suora missionaria e poi tra le case diroccate di una favela di Manaus. Venendo a contatto con la semplicità di quella gente e di quei luoghi, Augusta cercherà di trovare le risposte alle tante domande che l'hanno fatta piombare in una crisi d'identità.
Questo film di Diritti ha il tono della preghiera e della meditazione, e proprio come accade alla piccola imbarcazione che si muove sul letto del Rio Negro, procede in modo lento e lieve, senza mai divenire solenne.
Più che il senso dell'evangelizzazione cristiana, di cui il regista mostra i lati più kitsch, come lo sfoglio dei santini che ricorda quello delle figurine dei calciatori o le statute di angeli illuminate come un grande circo, a Diritti sembra interessare un altro tipo di religiosità, quella del senso di comunità, della fiducia negli uomini, del valore della vita, che ricorda le parole del "Qohélet", testo all'interno del quale si parla di "Vanità delle vanità", non a caso il primo titolo provvisorio scelto per il film.
Protagonista di un'avventura produttiva coraggiosa, anomala per il panorama italiano e che forse saprà arrivare più rapidamente ad un pubblico di cinephile, è una brava Jasmine Trinca che si batte tra tempeste climatiche ed emotive.
E forse, come suggerisce il regista, per ritrovare se stessi in un mondo ormai troppo veloce e al tempo stesso precario, basterebbe avere la volontà di fermarsi un momento e ridare attenzione a piccoli ma veri gesti, come può essere il sorriso di un bambino.
25/03/2013, 20:25
Antonio Capellupo