Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia di "In Treatment"


Note di regia di
In Treatment per me ha rappresentato l’occasione di misurarmi con qualcosa che esisteva già, che aveva già una sua identità e provare in qualche modo ad annullarmi, a fare “un passo indietro”. Un po’ come quando un artista deve replicare un’opera: anche se utilizzi gli stessi colori, il tocco non sarà mail lo stesso, il tratto sarà sempre diverso.
E’ un’operazione molto intrigante per un regista, una bella sfida. In Treatment è un prodotto televisivo “anglosassone” nella sua forma più pura. Una matrice che comunque rimane anche nella nostra versione. Ritengo che l’essere asciutta, essenziale, sia proprio il tratto più bello di questa serie. Abbiamo lavorato a lungo sull’adattamento italiano, ma soprattutto sul renderla più cinematografica, questo sì: proprio perché esistevano già versioni precedenti, abbiamo potuto migliorarla ulteriormente, lavorando con grande cura, oltre che sulla scrittura, anche sulla messa in scena, sulla regia, sui movimenti di macchina, su ogni singola inquadratura. Non a caso abbiamo scelto una squadra tecnica che proviene dal cinema. Penso che questa differenza sarà molto percepibile. Ciò che ora la rende una serie italiana, oltre alla lingua, sono anche i tempi e la recitazione. Per scegliere il cast, abbiamo fatto moltissimi provini. Per alcuni ruoli la scelta è stata semplice e immediata, per altri abbiamo cercato più a lungo. L’esigenza principale era trovare attori in grado di recitare nella forma in cui avevamo deciso di girare, ovvero con lunghissimi ciak ininterrotti, anche di 20-25 minuti consecutivi. Questo è stato fondamentale per creare un corpo unico, una sequenza ininterrotta che si svolge in un tempo unico. Perché ogni piccola sfumatura di dialogo può creare distrazione o attenzione e quindi era fondamentale avere attori con una formazione accademica, che avessero consapevolezza ed esperienza del loro corpo, della voce, della scena. E poi abbiamo cercato attori in grado, attraverso corpo, voce e recitazione, di tenere la tensione per tutta la durata dell’episodio, quindi per quasi mezz’ora. I provini finali sono stati fatti tutti sul copione di un intero episodio, senza improvvisazione, una prova molto difficile anche per gli attori. Sono molto soddisfatto del risultato, abbiamo un cast eccellente.
In Treatment ha la struttura di una soap opera. Una soap opera di lusso che è, in un certo senso, televisione allo stato puro. Non solo per il formato da striscia quotidiana di mezz’ora, ma soprattutto perché lo spettatore sa che a quella stessa ora di tutti i giorni della settimana ritrova i personaggi, con i loro intrecci sentimentali, con le loro confessioni all’analista. Ogni puntata è costruita in tre atti, con prologo ed epilogo ed ogni puntata ha un piccolo colpo di scena, un“gancio” fortissimo per il pubblico, che lo costringe a voler tornare la settimana dopo a seguire lo sviluppo di quel personaggio, fino all’epilogo finale.
E’ una serie che richiede una visione piuttosto attenta, ma questo vale per tutte le serie, che difficilmente si guardano passivamente. Per lo spettatore, In Treatment è un’esperienza estremamente intensa: lo riporta ad un ascolto quasi ancestrale, ogni seduta è “ipnotica” e questo avviene in modo molto naturale e senza sforzo, grazie alla scrittura ed all’interpretazione degli attori, che riescono a coinvolgere, a tirare dentro la storia in un tempo sospeso, fatto di parole e di pause. Ecco, In Treatment ti insegna ad ascoltare, perché in ogni storia c’è qualcosa che ci riguarda ed in qualche modo la visione diventa terapia. Un’esperienza fuori dall’ordinario televisivo.

Saverio Costanzo