TRENO DI NOTTE PER LISBONA - Un film di Bille August
L’ultimo film del regista danese Bille August due volte “palmato” a Cannes e anche “oscarizzato” è stato strapazzato dalla critica ma ben accolto dal pubblico anche alle nostre latitudini dove è ancora in cartellone.
Il lungometraggio di uno dei maestri del genere realistico melodrammatico, coproduzione svizzera, tedesca e portoghese girata in inglese si avvale della crème de la crème degli attori europei: da un impeccabile Jeremy Irons nei panni di Raimund Gregorius il disincantato professore di latino bernese, alla bella e convincente Mélanie Laurent, alla sempre efficace Charlotte Rampling e a Bruno Ganz nel personaggio-memoria delle intricate vicende politiche portoghesi legate alla lunga e soffocante dittatura di Salazar che si ritrovano in modo intricato nel film.
Treno di notte per Lisbona è tratto dall’omonimo libro del professore universitario e scrittore bernese Pascal Mercier (pseudonimo di Peter Bieri). La vita monotona dell’introverso e poco socievole professore di latino, materia non entusiasmante né per gli studenti, ma soprattutto per lui, viene sconvolta un mattino quando, attraversando il ponte che lo conduce a scuola, vede una giovane con un cappotto di pelle rossa che si sta per gettare nel fiume. In uno slancio di inconsapevole generosità le salva la vita. L’incontro segna anche un radicale cambiamento nella sua vita e l’inizio di vicende avventurose. Da questo incipit lo spettatore capisce che il 57enne Raimund Gregorius non terminerà la sua esistenza nel grigiore della solitudine bernese. La misteriosa ragazza lo accompagna a scuola e quando dimentica il soprabito in classe, il professore , sotto l’occhio stupito dei suoi alunni, l’afferra e le corre dietro. Non riesce a trovarla, ma nella tasca trova un libro e un biglietto del treno per Lisbona.
Arriva alla stazione appena prima che il treno parta. La donna è introvabile e, inspiegabilmente, all’ultimo momento, sale sul treno. Nel viaggio inizia a leggere il libro appena trovato, un profondo lavoro di Amadeu Prado, un dottore portoghese, rivoluzionario e filosofo. Arrivato a Lisbona Raimund è impaziente di conoscere l’uomo le cui parole lo hanno toccato così profondamente e si ingolfa nelle sue ricerche mettendolo a contatto di personaggi singolari che hanno vissuto, sofferto e non hanno nessuna voglia di ricordare il passato. Gregorius che è stato colpito da una frase del libro "Se così fosse, che viviamo solo una piccola parte della nostra vita, cosa succede al resto?” Lui invece è fermamente deciso a sapere, a scoprire e a vivere anche il resto della sua vita.
Il viaggio a Lisbona diventa un viaggio di ricerca interiore, ultimo tentativo di prendere in mano attivamente la sua vita. Il film cerca di dimostrare come dietro a vicende pubbliche ci siano esseri umani: con le loro debolezze, fragilità e gelosie. Malauguratamente non ci riesce completamente in quanto si perde nel dedalo di storie parallele che appesantiscono la trama principale rendendo anonima e anemica anche la scoperta di Lisbona e il suo fascino toponomastico cosa che aveva fatto con grande sensibilità e bravura Alain Tanner dans La ville blanche.
Quest’occasione perduta di identificazione di una città con la sua gente, in questo caso Lisbona, mi ha riportato alla mente Sostiene Pereira di Roberto Faenza che dal magnifico romanzo di Antonio Tabucchi aveva creato un film indagine drammatico e poetico allo stesso tempo con un insuperabile Marcello Mastroianni nei panni dell’appesantito, asmatico e disilluso giornalista Pereira paladino della libertà di stampa e della libertà tout court. La ricerca del vivere altre parti della nostra vita si ritrova in modo ben più definito nella teoria dell’egemonia delle anime espressa dal dottor Cardoso di Sostiene Pereira. Ognuno, secondo questa teoria, non ha una sola anima ma una confederazione di anime su cui domina un io egemone; talvolta può accadere che una nuova anima prenda il sopravvento, determinando così una vera e propria metamorfosi. Questo è anche il concetto principale del libro di Amadeu Prado
Un orafo delle parole maldestramente portato allo schermo da Bille August.
25/05/2013, 09:26
Martine Cristofoli