BIENNALE ARTE 55 - I video nel Palazzo Enciclopedico
Impossibile non notare, muovendosi all'interno degli spazi della mostra
Il Palazzo Enciclopedico, allestita da Massimiliano Gioni per la 55. Edizione della
Biennale Arte di Venezia e in programma fino al 24 novembre all'Arsenale e ai Giardini, la quantità e la varietà dei video presenti.
Il primo contributo in cui si incappa entrando è anche il più importante e celebrato,
"Grosse Fatigue" dell'artista francese Camille Henrot, che grazie a questo lavoro di montaggio ha ottenuto il prestigioso Leone d'argento. Un film enciclopedico, in piena affinità con lo spirito della Biennale 2013, in cui le immagini di creazione e di costruzione del mondo sono accompagnate dal dj e compositore francese Joaquim e del poeta Jakob Bomberg. Coinvolgente ed evocativo.
Curioso ma non del tutto centrato con la natura dell'evento
"Kempinski" di Neil Beloufa, mockumentary ambientato in Mali in cui alcuni abitanti del luogo raccontano - in piena notte, illuminati solo da alcuni neon o luci artificiali - la loro visione del futuro, utopico o distopico che dir si voglia.
Merita di essere citato anche il contributo di
Steve McQueen, ormai celebrato anche dal mondo del cinema ma già da un ventennio nome di punta della videoarte. "Once upon a time" propone 116 immagini che Carl Sagan fece inserire nel disco che fu mandato nello spazio nel 1977 sulle sonde della NASA come messaggio per eventuali forme di vita aliene. Sullo scorrere lento e inesorabile del video (che mostra scene di vita quotidiana ma anche formule chimiche e matematiche, composizione dei materiali e quant'altro) l'audio è quello delle registrazioni di William J. Samarin sulla "glossolalia", la capacità di parlare tutte le lingue.
Proseguendo nel percorso, impossibile non citare la presenza di
Harun Farocki con il suo "Transmission", un video in cui vengono raccolte le reazioni, spesso consistenti nella ricerca di un contatto fisico, di fedeli (in senso lato, religioso politico e non solo) davanti a luoghi di culto in tutto il mondo: si va dal Vietnam Veterans Memorial a San Pietro, ma c'è spazio anche per la tomba di Gardel in Argentina.
Sharon Hayes ha realizzato quello che in molti - comprea l'autrice - hanno definito un aggiornamento del pasoliniano "Comizi d'amore". La domanda che viene posto a un gruppo di giovani studentesse di un'università del Massachussettes è "Il sesso è importante per te?": da qui inizia un lungo confronto sulle abitudini sessuali e sul ruolo della donna, con le ragazze che si alleano e si fronteggiano e la regista che riesce ottimamente a cogliere il detto e il non detto, costruendo un "discorso amoroso" di grande presa ed efficacia.
Confinata in un edificio laterale e francamente poco visibile è invece la proposta di
Bouchra Kalili, videoartista marocchina classe 1975 che ha realizzato la seconda parte del suo progetto "Words on Street", girata a Genova e costituita da interviste a immigrati di seconda generazione, che raccontano il loro sradicamento e la loro difficoltà nel definire e ritrovare le proprie radici.
"How Not to be Seen: A Fucking Didactic Educational .MOV File" è l'opera di
Hito Steyerl, allestito anch'esso in un angolo del Giardino delle Vergini non proprio valorizzante. La regista ha realizzato per la Biennale un ironico e amato manuale di sopravvivenza per chi volesse sfuggire all'iper-visibilità di questo mondo.
Sarebbero da citare anche i video di
Tacita Dean, di
Melvin Moti, di
Harry Smith, di
Victor Alimpiev e i molti altri che Massimiliano Gioni ha inserito nella sua proposta, non tutti ugualmente interessanti o "centrati" con il tema del palazzo enciclopedico ma sicuramente meritevoli di una visione (meno coinvolgenti del previsto le due attrici in sincro proposte da Alimpiev, mentre molto coinvolgenti sono parsi i pianeti in movimento di Moti).
Molti i video anche nei padiglioni nazionali, come
"Resistance" di Ali Kazma, la proposta del padiglione libanese, l'emozionante racconto di una strage (non) mancata, il gesto eroico di un soldato che ha tentato di evitare il bombardamento di una scuola, la "lettera" che l'artista ha voluto scrivere a quel soldato.
Se i video di
Milos Tomic, proposti dal padiglione serbo, sono divertenti giochi sulla musica ma artisticamente non offrono molto, e il simpatico corto animato di "Imitation of life" di
Mathias Poledna del padiglione austriaco è un omaggio ai film degli anni '20-'30 ma in questo contesto pare decisamente fuori luogo, un discorso a parte meritano i padiglioni di Israele e Grecia (ma i video artistici sono molti, dalla Danimarca - penalizzata da una "costruzione" insolita dell'ingresso al padiglione - all'Australia, dalla Repubblica Ceca al Giappone).
Il padiglione israeliano è stato oggetto di conquista per
Gilad Ratman e un manipolo di suoi "seguaci" (il nome dell'opera è "The Workshop"), che partendo da una grotta nel loro paese come veri speleologi hanno vagato nei meandri del pianeta per sbucare (letteralmente, la prima cosa che si nota entrando è il buco nel pavimento!) all'interno dello spazio storicamente riservato dalla Biennale a Israele. Qui il gruppo di artisti ha realizzato alcune sculture con il proprio volto, nelle quali è stato inserito un microfono che ha registrato le loro urla. Quelle urla sono poi diventate la base con cui è nata un'opera sonora che accompagna la visita. Tutto questo viene raccontato in cinque enormi schermi e "testimoniato" dal buco nel pavimento e dalle sculture. Di forte impatto, di grande resa e di straordinario simbolismo.
Straordinario infine il contributo della Grecia, "History Zero": tre cortometraggi da 11 minuti ciascuno, collocati in tre sale attigue, visibili in sequenza cronologica o random, opera di
Stefanos Tsivopoulos. Era lecito attendersi un lavoro che avesse a che fare con la crisi economica, ma quello cui si assiste è molto di più, tre versioni di cosa sia importante e "di valore" veramente per ciascuno di noi, una riformulazione del concetto di "denaro" girata magnificamente e splendidamente ricostruita. Applausi.
12/09/2013, 11:00
Carlo Griseri