Antonio Albanese su "L'Intrepido"
Il cinema di Gianni Amelio mi piace. Mi piace il rigore, l’umanità e l’apparente semplicità del suo lavoro. E da quando ne ho memoria ho sempre desiderato di farne parte. Perché i film di Amelio, in un modo o nell’altro, sono sempre nuovi, sorprendenti. So no film che non si accontentano. C’è un’attenzione ai dettagli, ai particolari, che non è mai pretestuosa, ma è fondante del suo modo di intendere questo mestiere. E poi, nel suo cinema, c’è il racconto che più m’interessa: l’oggi. Se dovessi infatti trov are un tratto che unisce il mio lavoro a quello di Amelio lo identificherei con lo sforzo costante, scrupoloso di raccontare il nostro tempo, e con il profondo rispetto per la nostra professione. Quindi sono entrato nel cinema di Gianni Amelio con fiducia e stima. E ne sono stato ripagato con la stessa moneta. In questo film il mio lavoro segue un filo delicato, apparentemente invariato, ma invece ricchissimo di sfumature. E l’indagine sul personaggio, che ho avuto il privilegio di condurre insieme ad Amel io, è stata un’esperienza che conserverò a lungo e dalla quale ho imparato, molto. Mi piace il sentimento profondo di speranza che attraversa il film, il rispetto per l’essere umano, la difesa appassionata della sua dignità. Sono poi particolarmente orgog lioso del fatto che Amelio abbia modellato su di me, sul mio lavoro, la sua scrittura; che abbia osservato, assorbito e adoperato la mia inclinazione verso un’arte popolare. Tornare a Venezia con un film di Gianni Amelio è infine una di quelle gioie sorpr endenti che questo mestiere continua a regalarmi.
Antonio Albanese
05/09/2013, 11:14